Fatti a motore

Nissan, condannata in Corea del Sud per le emissioni del suv Qashqai

Il modello incriminato è quello equipaggiato dal motore 1.6 diesel, che secondo i giudici sudcoreani sarebbe stato equipaggiato con un "defeat device" capace, in condizioni normali di marcia, di disattivare il contenimento dei NOx. Il costruttore giapponese si difende, negando ogni addebito

Proprio nel giorno in cui la commissione mercato interno del Parlamento Europeo ha dato una prima approvazione al testo che introdurrà norme più severe per i test sulle emissioni, con la proposta di sanzioni amministrative fino a 30 mila euro a veicolo non conforme, agli scandali (veri o presunti) avvenuti finora si aggiunge un altro capitolo tutto da verificare, che coinvolge Nissan dall’altra parte del mondo.

Riferisce infatti il sito specializzato Autonews.com che un tribunale sud-coreano ha condannato il costruttore giapponese per un caso-emissioni. Circa un anno fa, infatti, il ministro dell’ambiente coreano aveva sospeso le vendite del suv Qashqai, reo secondo lui di essere equipaggiato con un meccanismo simile all’ormai tristemente famoso “defeat device”, che in condizioni di marcia normali disattivava il congegno di contenimento dei NOx. In quell’occasione Nissan aveva ricevuto una sanzione amministrativa da 330 milioni di won (oltre 262 mila euro), e aveva dovuto richiamare 814 Qashqai.

I suoi avvocati avevano tuttavia prontamente reagito, facendo causa al ministro. La sentenza è per l’appunto arrivata martedì scorso, ma non è favorevole alla casa giapponese: secondo il tribunale coreano, “è ragionevole credere che il veicolo abbia ottenuto la certificazione con il falso e con altri mezzi illegali“. Giudizio pesante, che la Nissan ritiene “deplorevole” ribadendo di non aver mai utilizzato congegni fuorilegge e riservandosi non meglio precisate azioni.

Il modello “incriminato”, come detto, è il celeberrimo suv-crossover Qashqai prodotto nello stabilimento inglese di Sunderland, nella versione con il motore diesel 1.6 fornito dalla Renault. Nei confronti della quale il mese scorso in Francia è stata avviata un’indagine per appurare la presenza su alcuni suoi modelli di dispositivi truccati.