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Iran-Usa, perché dovremmo ascoltare di più Khamenei

Quando qualche anno fa esultavo e parteggiavo per l’accordo nucleare iraniano, molti miei amici persiani alcuni conservatori altri meno, mi avevano detto: “Noi degli Stati Uniti non ci fidiamo, sono traditori, le loro parole non hanno grande credibilità”. Con grande rammarico e una punta di malinconia oggi devo dire che avevano ragione. Mesi e mesi di incontri a Vienna, ansie, tensioni, attese per veder realizzato un sogno, l’Iran deal, un sogno oggi spezzato da Donald Trump. Se fino a qualche mese fa l’Iran era tornato ad essere il paese buono con il quale fare affari, oggi, da come lo racconta Trump, è un paese da evitare.

Ho trascorso anni a raccontare di quanta propaganda mediatica negativa fosse stata fatta in passato sull’Iran. C’eravamo quasi riusciti, l’Iran aveva un nuovo volto; era uscito dall’isolamento ed era diventato un paese con il quale dialogare con il quale trovare accordi. Oggi purtroppo tutto questo sembra davvero lontano. Sono bastate le poche parole di Donald Trump per farlo tornare ad essere ‘il paese canaglia’. Oggi le parole dei miei amici, quelli che non si fidavano degli Usa, sono assordanti: vi chiedo perdono, avevate ragione voi, vi hanno preso in giro, hanno preso in giro anche noi.

Non posso oggi, che essere d’accordo con la risposta della Guida Suprema dell’Iran: l’Ayatollah Ali Khamenei alle provocazioni di Donald Trump? La replica di Khamenei è stata chiara e precisa: “Ringraziamo” Donald Trump “perché ci ha aiutato a mostrare il vero volto degli Stati Uniti”, e prosegue: “Abbiamo parlato della corruzione politica, economica, morale e sociale nel sistema dominante degli Usa per più di 30 anni, ma ora è arrivato questo uomo e durante e dopo le elezioni, apertamente e palesemente, ha rivelato tutto“. “Trump dice ‘abbiate paura di me’ – ha poi detto – “il popolo risponderà nelle manifestazioni del 10 febbraio (anniversario della rivoluzione khomeinistandr) e mostrerà la sua posizione di fronte alle minacce’’.

Chiariamo un punto, l’Iran dei nostri giorni non ha nessuna intenzione di rinunciare ad ostacolare il dominio unipolare – neocolonialistico – nord-americano, puntando su uno sviluppo autonomo delle risorse, in particolare quelle energetiche nei limiti stabiliti dal diritto internazionale. Chi scrive – fra l’altro – concorda col filosofo italiano, Gianni Vattimo che, intervistato dallo storico Diego Siragusa, si dichiara a favore dell’atomica iraniana in quanto deterrente e quindi – contrariamente a quello che si pensa – garanzia di pace. L’Iran, ci ha saggiamente ricordato la Guida Suprema, è pronto a difendersi dalle minacce del duo Trump-Netanyahu gli unici che, fino ad ora, hanno ipocritamente voltato le spalle all’Onu.

Gli Usa si sono tolti la maschera, uscendo fuori dal nostro immaginario integralmente colonizzato. Gli Usa hanno seri problemi, interni, di tenuta democratica e per capirlo sarebbe bastato spegnere la televisione, cestinare gli articoli spazzatura di Luttwak e studiare i libri di analisti come Noam Chomsky, Howard Zinn e James Petras. Come mai in Italia c’è tanta disinformazione sulla realtà statunitense? La verità è che siamo stati vittima di una inedita forma di colonialismo culturale convenzionale che ha “americanizzato il nostro immaginario”. Tutto questo Khamenei nei suoi interventi sembra saperlo molto bene. E forse dovremmo ascoltarlo di più.

Arrivati a questo punto una domanda è d’obbligo: Trump come spera di ricucire i rapporti con la Russia se, per assecondare Israele, si prepara ad aggredire, con spirito imperialistico, l’Iran? Gli Usa, nel 2016, sono uno Stato nazionale del tutto atipico. Il grande analista Paul Craig Roberts ci ha spiegato che: “Trump non può allo stesso tempo far pace con la Russia e combattere contro Iran e Cina. Il governo russo non è composto da idioti. Non venderà la Cina e l’Iran in cambio di un accordo con l’occidente. L’Iran serve per contenere il jihadismo che potrebbe diffondersi tra le popolazioni musulmane della Federazione Russa”.

Trump vuole, in accordo con Netanyahu, spezzare l’Asse della Resistenza sciita – Iran, Hezbollah e Siria – per poi guadagnarsi la neutralità russa dinnanzi una possibile guerra contro la Repubblica islamica iraniana. E chi dovrebbe corrompere Mosca convincendola ad integrarsi, pacificamente, nel capitalismo globalizzato? Forse il generale Michael Flynn, il quale, da anni oramai, scrive per Russia Today ed è un islamofobo della peggior risma. L’Iran ha un ruolo importante nell’Unione Euroasiatica, una necessità geopolitica. Khamenei è sul punto di sfidare Trump, archiviando l’era Obama, il suo messaggio è chiaro: l’unipolarismo è finito ed il principio dell’uguaglianza delle nazioni deve essere applicato seriamente. Stavolta a differenza di qualche tempo fa farei bene, e faremmo bene tutti, ad ascoltare la voce di chi ha giustificati motivi, per non fidarsi dell’America di Trump. Oggi è già troppo tardi.