Cinema

Golden Globes 2017, i vincitori. Trionfa “La La Land” con sette premi. Meryl Streep attacca Donald Trump

La 74esima edizione dei premi consegnati dalla Hollywood Foreign Press Association è stata dominata dal musical diretto da Damien Chazelle, che adesso ha un'autostrada a quattro corsie che porta direttamente all'Oscar. L'attrice ha puntato il dito contro il presidente eletto, criticandolo per aver fatto "l'imitazione di un reporter disabile, una persona che non poteva difendersi". Lui: "E' una Hillary-lover"

Sette nomination, sette Golden Globes: la 74esima edizione dei premi consegnati dalla Hollywood Foreign Press Association è stata dominata da La La Land, il musical diretto da Damien Chazelle che adesso ha un’autostrada a quattro corsie che porta direttamente all’Oscar. Che sarebbe stato un trionfo su tutta la linea lo si era capito sin dall’inizio, con il conduttore Jimmy Fallon protagonista, insieme ad alcuni dei nominati, di un prologo musical ispirato proprio alla pellicola con Emma Stone e Ryan Gosling. E l’en plein successivo (miglior film commedia o musical, regia, sceneggiatura, colonna sonora, canzone originale, migliore attrice e migliore attore) ha annichilito gli avversari.

Si è difeso più che bene Elle, il film francese di Paul Verhoeven, che ha portato a casa il premio come miglior film straniero e quello all’attrice drammatica andato a Isabelle Huppert, mentre un Golden Globe a testa è andato a Moonlight (miglior film drammatico), Fences (Viola Davis attrice non protagonista), Animali notturni (Aaron Taylor-Johnson attore non protagonista), Manchester by the Sea (Casey Affleck attore drammatico) e Zootropolis (premiato come miglior film d’animazione). Nessun premio per La battaglia di Hacksaw Ridge di Mel Gibson, Florence con Meryl Streep (premiata con il Cecil B. DeMille Award) e Lion (con Nicole Kidman e Dev Patel).

Molto più equilibrata, invece, la competizione sul fronte televisivo, con tre Golden Globe per The Night Manager andati agli attori Hugh Laurie, Tom Hiddleston e Olivia Colman, due per The Crown (miglior serie drama e migliore attrice drammatica a Claire Foy), American Crime Story (miglior miniserie e migliore attrice in una miniserie a Sarah Paulson) e Atlanta (migliore serie commedia e migliore attore comedy a Donald Glover). Billy Bob Thornton ha portato a casa il premio al miglior attore in una serie drammatica per Goliath, mentre Tracee Ellis Ross ha avuto la meglio come migliore attrice in una serie comedy. Nessun premio per Transparent, Il Trono di Spade, Mr. Robot, This is Us, The Night of, Westworld, Mozart in the Jungle, The Americans. A bocca asciutta anche Stranger Things, uno dei successi di questa stagione firmato Netflix, con Winona Ryder che ha dovuto soccombere di fronte alla intensa interpretazione di Claire Foy nei panni di Elisabetta II d’Inghilterra.

Ma nei primi Golden Globe dell’era Trump non potevano mancare battute e riferimenti politici da parte dei divi hollywoodiani, che tanto si erano spesi a favore di Hillary Clinton. E la più dura di tutti non poteva che essere Meryl Streep, monumento vivente del cinema americano e da sempre impegnata politicamente (era intervenuta anche alla convention democratica): “Apparteniamo alla categoria più diffamata in America. Pensateci: Hollywood, stranieri, stampa. Cos’è Hollywood? Tante persone che arrivano da posti diversi: io sono nata e cresciuta in New Jersey, dove ho frequentato la scuola pubblica; Sarah Paulson è stata cresciuta da una madre single; Amy Adams è nata a Vicenza, in Italia, e Natalie Portman a Gerusalemme. Ruth Negga è nata in Etiopia e cresciuta in Irlanda, Ryan Gosling, come tutte le persone più gentili, è canadese, mentre Dev Patel è nato a Londra da due genitori di origini indiane nati in Kenya. Hollywood, dunque, è piena di stranieri, per cui se dovessero cacciarli via non avreste altro da guardare se non football”.

Poi, però, Meryl Streep ha parlato direttamente di Donald Trump: “Quest’anno ci sono state tante performance importanti ma una in particolare mi ha colpito (e non in positivo): quella in cui la persona chiamata a sedersi nel posto più rispettato del nostro Paese ha fatto l’imitazione di un reporter disabile, una persona che non poteva difendersi. Non riesco a non pensarci perché non era in un film, ma era vita reale. Quando questo istinto ad umiliare viene da un potente, è come se si desse il permesso ad altre persone di fare lo stesso: la mancanza di rispetto porta mancanza di rispetto, la violenza genera altra violenza”.

Trump ha liquidato le critiche con poche battute: “È una Hillary-lover”, ha risposto il presidente eletto in una intervista telefonica con il New York Times, spiegando di non aver visto il discorso di Streep, né la trasmissione trasmessa dalla Nbc, ma ha aggiunto di “non essere rimasto sorpreso” di essere stato attaccato dalla “gente liberale del cinema”. Il presidente eletto ha poi twittato: “È una lacchè”.

Aggiornato da redazione web alle 15.38