Fatti a motore

FCA, aumenta la produzione delle fabbriche italiane nel 2016. Ma restano i nodi Pomigliano e Melfi

Spinte anche dal buon andamento di modelli come Panda, 500X o Renegade, lo scorso anno le fabbriche FCA nel Bel Paese hanno prodotto oltre 1 milione di veicoli (+9%). Secondo i dati diffusi dalla Fim Cisl, cala anche il ricorso alla cassa integrazione, che ha interessato l'8% dei dipendenti contro il 12,5% del 2015. Tuttavia, Pomigliano è ancora lontana dalla saturazione degli impianti e a Melfi cala la produzione della Punto

La produzione degli stabilimenti italiani di FCA ha superato quota un milione (1.011.136 per la precisione, compresi i furgoni) nel 2016. Si tratta di un dato record, ottenuto grazie a un incremento del 9% rispetto allo scorso anno, e addirittura il 69,8% se si prendono in considerazione i numeri del 2013. Limitando la crescita alla sola produzione di auto, Ferrari incluse anche se ovviamente non si tratta di grossi volumi data l’esclusività del marchio, la crescita è dell’8,2% rispetto al 2015.

Questi sono i numeri diffusi dalla Fim Cisl, che ha anche sottolineato come la cassa integrazione lo scorso anno abbia coinvolto l’8% dei lavoratori, contro il 12,5% del 2015. Molte luci e poche ombre, dunque? “Siamo più ottimisti che preoccupati”, ha dichiarato il segretario nazionale Fernando Uliano, “anche se restano delle criticità, in particolare per Pomigliano e Melfi“.

A Pomigliano quest’anno sono state prodotte 207 mila Panda, il 16,9% in più del 2015. Ma sullo stabilimento campano c’è la spada di Damocle della mancata saturazione degli impianti, e da settembre 2018 non sarà più possibile utilizzare gli ammortizzatori sociali. “L’accordo di dicembre con l’azienda, che prevede il distacco temporaneo a Cassino di 500 lavoratori dei 1.200 oggi in solidarietà, indica il 31 marzo come data entro la quale Fca dovrà dire quale sarà la produzione aggiuntiva o i nuovi modelli, visto che servono 16-18 mesi per lanciare la nuova produzione e garantire la piena occupazione”, spiega Uliano.

A Melfi, dove si fabbricano 500X e Renegade, la produzione invece è scesa del 6,5% a causa del ridimensionamento (o, se vogliamo, dell’avvio alla pensione) della Grande Punto: le 26 mila unità in meno hanno significato cassa integrazione per 1.200 persone. “La situazione non è critica come a Pomigliano, ma servono verifiche sulle prospettive entro il 2017″. Anche qui, ci sarebbe bisogno di produrre un modello aggiuntivo.

Cassino invece pare essersi rilanciata con la produzione di Giulietta e Giulia, aumentata nel complesso del 57%, e le prospettive commerciali del nuovo suv Stelvio: “dopo 5 anni, il 28 febbraio termineranno i contratti di solidarietà“. Nessun problema, poi, nello stabilimento Sevel in Val di Sangro, dove in virtù della joint venture con i francesi di PSA si fabbricano i Ducato. Mentre a Mirafiori, pur essendo cresciuta la produzione, un lavoratore su due è in contratto di solidarietà.

Ultima questione, Maserati. Per lo stabilimento di Modena, dove si producono le GranTurismo e GranCabrio ma anche l’Alfa 4C, “era stata ventilata la chiusura ma pare che fino al 2018 sia salvo: dà lavoro a 1.350 dipendenti, di cui 120 con contratti di solidarietà”.

Per affrontare tutte le situazioni, presenti e future, sono previsti due incontri. Il primo il 19 e 20 gennaio con il responsabile di Fiat Emea Alfredo Altavilla, a cui parteciperanno anche i sindacati europei Cae, e il secondo in marzo, direttamente con l’amministratore delegato di FCA Sergio Marchionne. Il cui piano, giova ricordarlo, prevedeva l’obiettivo della piena occupazione entro il 2018.