Mafie

Napoli: sull’omicidio del tatuatore Cimminiello, le ambiguità del ‘cubano’

C’è un’ombra, un conto che non torna nella tormentata vicenda giudiziaria di Gianluca Cimminielloil 31enne tatuatore ucciso nel febbraio 2010 a Casavatore, ancora in attesa di giustizia.

Gianluca fu ammazzato per la sua caparbia ribellione contro la camorra. Gianluca non si trovò, come disgraziatamente accade a Napoli, sulla traiettoria di una pallottola vagante di una “stesa” oppure vittima di un effetto collaterale di una missione criminale. No. Gianluca fu trucidato su preciso ordine. Gianluca osò opporsi a un atto di ritorsione da parte di esponenti di un sottogruppo, con mire espansionistiche, all’interno di una alleanza di camorra.

La ribellione di Gianluca, il suo coraggio, la sua “rivoluzionaria” normalità, se non punita, avrebbe rappresentato un grimaldello contro il nascente gruppo criminale in ascesa e strutturato attorno alla figura del boss Arcangelo Abete a Raffaele Aprea, indicati dalla Procura di Napoli come i promotori e responsabili dell’agguato mortale contro il 31enne. Il primo sarebbe stato il mandante mentre il secondo, l’organizzatore.

La “colpa” di Gianluca è stata quella di aver pubblicato e diffuso sui social una foto modificata dell’allora calciatore del Napoli e idolo dei tifosi Pocho Lavezzi. Episodio banale che infastidì un altro tatuatore, Vincenzo Donniacuo, conosciuto con il nomignolo di “Enzo il Cubano” che via Facebook manifestò critiche a Gianluca per quel fotomontaggio.

“Enzo il cubano” è stato indagato perché avrebbe provocato la prima spedizione punitiva contro Gianluca che poi sfociò nella reazione del 31enne. Ci fu una “visita” presso il laboratorio Zendark Tattoo di Cimminiello. Si presentarono in quattro – tra loro Vincenzo Noviello e Ivan Pagano – rispettivamente cognato e nipote del boss degli scissionisti di Scampia, Cesare Pagano. L’intento era dare una lezione al tatuatore.

Gianluca, esperto di arti marziali, non si fece intimidire, reagì. Un grave affronto, un atto da punire e sfociato poi con l’uccisione di Gianluca. Una storia criminale dove la famiglia di una vittima innocente – dopo 7 anni – spera a breve di ottenere giustizia.

Le sentenze di ergastolo di primo e secondo grado a carico del presunto killer Vincenzo Russo, infatti, sono state annullate dalla Cassazione che ha disposto un nuovo processo in Corte d’Assise d’Appello e giunto alla vigilia della sentenza. Indagini lacunose, omissive, con investigatori infedeli, carabinieri smemorati e astuti mestatori del torbido hanno reso la strada dell’accertamento della verità disseminata di trappole e insidie. E sullo sfondo resta Vincenzo Donniacuo, un personaggio ambiguo e bieco. Sì, proprio “Enzo il Cubano”, resta la figura più emblematica e oscura della complessa vicenda giudiziaria.

Rileggendo il suo interrogatorio reso nel corso dell’udienza del 15 ottobre di cinque anni fa davanti ai giudici della III Sezione della Corte D’Assise del Tribunale di Napoli emergono non poche contraddizioni. “Enzo il Cubano” dice che conosceva Gianluca solo attraverso la Rete e via email. Di averlo incontrato una sola volta, in occasione di un Expo di tatuatori a Napoli nel 2006. “Appena un saluto”.

Alla pubblicazione via Facebook del tatuaggio di Lavezzi nasce un piccolo screzio. “C’era stato un po’ di sfottò così, però Gianluca si era arrabbiato su questa cosa, io gli avevo chiesto se l’aveva tatuato […] Avevo capito che si era arrabbiato della cosa, ho chiesto tipo scusa. Non mi credevo che se la prendeva su questa cosa. Poi è finita lì perché era una cosa di niente, abbiamo chiarito all’istante”.

Questo è quanto sostiene “Enzo il Cubano”. Sta di fatto che Gianluca dopo quello scambio – come poi è emerso nel corso dei processi – era, invece, molto preoccupato, in ansia anche per quei messaggi e per l’interessamento di personaggi del clan. “Enzo il Cubano” nega di aver parlato, in particolare, dello screzio con un suo “vecchio cliente”: tale Vincenzo Noviello a cui aveva “aggiustato un tatuaggio sulla spalla” e sostiene di non avere con lui “nessun tipo di rapporto”.

Strano perché Noviello – imparentato con il boss degli scissionisti – si presenta con altri tre uomini nel negozio di Gianluca per punirlo e fa proprio il nome di “Enzo il Cubano” di cui sostiene quando interrogato di essere il cugino diretto. Misteri che si aggiungono ad altri misteri.

In aula, “Enzo il Cubano”, alle contestazioni dell’accusa risponde serafico: “Io conosco i miei cugini da parte di mia madre e di mio padre, poi non lo so […] La mia parentela penso che sia quella. Domanderò a mia madre”. E di fronte alla spedizione punitiva a suo nome, sussurra: “Sono rimasto scioccato di questa cosa. Non ho parlato con nessuno. Sono estraneo alla vicenda”. Gianluca, vittima innocente, eroe civile, ora attende solo giustizia.