Cultura

“Congiuntivo in calo? Non siamo aristocratici”, il presidente onorario della Crusca sdogana l’errore

Il linguista, filologo e lessicologo nel suo libro "Lezioni di Italiano" invita a non fare drammi sugli errori nella nostra lingua parlata. Molto peggio secondo lui l'uso improprio della punteggiatura, come in un decreto legislativo emanato dal Governo il 18 aprile scorso

L’uso del congiuntivo è in calo, ma se non se ne preoccupa più di tanto neanche Francesco Sabatini, presidente onorario dell’Accademia della Crusca, forse non è il caso di farne un dramma. Secondo il linguista, filologo e lessicografo, sono quattro gli psicodrammi della lingua italiana parlata e tra questi ovviamente c’è il congiuntivo. “Casi che infiammano gli animi e che a molti tolgono il sonno“, scrive Sabatini nel suo libro ‘Lezioni di italiano‘, invitando però a una “minore schizzinosità”. Come si legge sul Corriere della Sera, sono altri gli errori che il presidente onorario della Crusca non vorrebbe mai vedere. Un esempio? La punteggiatura usata disastrosamente come è avvenuto in un decreto legislativo emanato dal Governo il 18 aprile scorso.

“Bisogna rispettare la lingua ma evitando di assumere un atteggiamento aristocratico“, è il monito di Sabatini. È vero che il congiuntivo nel parlato tende spesso a essere sostituito dall’indicativo: “credevo che stesse” diventa “credevo che stava”; “Se mi avessi chiamato, sarei venuto” diventa “Se mi chiamavi, venivo”. Ma, come spiega il linguista, è un’abitudine che risale a Dante e anche più indietro. “In inglese, spagnolo e francese il congiuntivo non c’è più”, ricorda Sabatini. Certe abitudini del parlato che all’orecchio ci paiono errate, in realtà sono ormai prassi comune. Il presidente onorario della Crusca nel suo libro non vuole certo sdoganare un uso improprio dei verbi. Però almeno nelle situazioni informali, quando si chiacchiera al bar con gli amici, rilassarsi è concesso.

L’italiano migliore è invece quello degli scienziati. “Un italiano bello e pacato – lo definisce Sabatini – come quello di Rubbia per esempio”. Per il resto la situazione dell’Italia non è certo buona.  Il linguista individua tre strati: la fascia popolare, un livello medio, uno strato più alto e consapevole di cui fanno parte insegnanti, magistrati, ricercatori. Esiste poi una responsabilità linguistica, come quella dei docenti nelle scuole e dei personaggi pubblici in tv. Specialmente chi appare spesso sul piccolo schermo, secondo Sabatini, dovrebbe evitare snobismo, populismo linguistico e un uso spropositato delle parole straniere.

Il libro di Sabatini ha l’obiettivo di avvicinare i non esperti al tema della lingua italiana, partendo dal suo apprendimento: “Quella dell’acquisizione della lingua è davvero una fase vulcanica per il nostro cervello, perché nei primi anni di vita (da 1 a 7) il bambino impara una parola ogni ora“. E nel suo percorso tra le pieghe del nostro linguaggio individua anche cosa proprio non riesce a digerire nel nostro modo di parlare: il “piuttosto che” al posto di “oppure”; gli inglesismi come “location”, “endorsement” e “location”; l’uso del transitivo in frasi come “lo telefono”. Infine la punteggiatura, un altro dei drammi moderni insieme al congiuntivo, che a quanto pare neanche a Palazzo Chigi sono riusciti a risolvere. Sabatini cita proprio un decreto legislativo come esempio dell’uso negativo di punti, virgole e affini.