Lobby

Evasione fiscale, le banche greche propongono una tassa sui prelievi bancomat per disincentivare il contante

Gli istituti di credito ellenici chiedono inoltre al governo Syriza-Anel, impegnato in queste ore nei colloqui con il commissario europeo alle Finanze, Pierre Moscovici in visita ad Atene, che introduca l'obbligo di utilizzo di carta di credito per quelle libere professioni finite nell'occhio del ciclone per l'alto tasso di evasione

Le banche greche chiedono al governo Tsipras di tassare ogni prelievo bancomat con la motivazione di voler così ridurre l’evasione fiscale ancora altissima nel Paese. Nell’auspicio dei proponenti, la misura dovrebbe scoraggiare le compravendite in contanti, che sarebbero direttamente proporzionali all’economia sommersa. Inoltre gli istituti di credito chiedono al governo Syriza-Anel, impegnato in queste ore nei colloqui con il commissario europeo alle Finanze, Pierre Moscovici in visita ad Atene, che introduca l’obbligo di utilizzo di carta di credito per quelle libere professioni finite nell’occhio del ciclone per l’alto tasso di evasione. Sino allo scorso anno le mancate entrate per l’erario ellenico ammontavano a circa un miliardo di euro al mese, motivo che ha fatto traballare più volte l’accordo con i creditori internazionali, su cui ad esempio l’ex ministro Yanis Varoufakis aveva proposto che casalinghe e studenti si trasformassero in agenti in borghese dell’agenzie delle entrate.

Inoltre c’è sul tavolo la proposta dei rappresentanti delle banche che, non solo le carte di credito o di debito, ma anche altri vettori di pagamento telematici, vengano utilizzati di routine per piccoli pagamenti. Si tratta di una strategia messa in piedi dagli istituti finanziari ellenici per colpire il macrodato dal sommerso, che secondo le ultime valutazioni ammonta a circa 40 miliardi di euro all’anno, che per un Paese di poco più di 10 milioni di abitanti è moltissimo, anche perché incide sulle perdite sui proventi da tassazione per 15 miliardi di euro all’anno: un dato che non si è affievolito in questi anni di crisi, mentre invece altri indicatori hanno subito un calo, come il numero delle imprese fallite, nel 2015 diminuito del 40% rispetto ai dodici mesi precedenti. Nello specifico in Grecia si è passati da 330 fallimenti del 2014 ai 189 dell’anno scorso: un passaggio significativo se si considera che nel triennio maledetto (2011-2014) i numeri erano ben altri (445, 415, 392). Si tratta di dati aziendali forniti dalla Federazione dell’attività Information Services con la partecipazione ICAP, che non contemplano i fallimenti di persone fisiche. Secondo Fani Drakopoulou, Direttore di Information Business & rating di ICAP Group SA, anche se in Grecia c’è stato un calo significativo del numero di fallimenti formali (-42,7%), questo non è dovuto ad alcun miglioramento del clima economico ma al fatto che molte aziende non pagano i loro debitori a causa delle lunghe procedure, della burocrazia e dei costi elevati connessi al quadro giuridico esistente in Grecia. Senza contare che un gran numero di piccole imprese e liberi professionisti a causa della crisi economica hanno portato la propria azienda alla cessazione del lavoro, senza fallimento.

Tornando alle banche greche, secondo fonti interne sarebbero state stimolate dalla troika, per attuare una precondizione affinché l’Eurogruppo del prossimo 5 dicembre sia davvero disponibile ad un accordo sul debito greco. La visita di Moscovici lunedì ad Atene sarebbe da leggere proprio in questo contesto, anche se restano importanti divergenze nella stessa troika: come il pacchetto di misure di attuazione immediata (il cosiddetto breve termine) che ha generato un deterioramento del debito a valori correnti del 20%, ragione che sta spingendo il Fondo Monetario a pensare realisticamente ad un allungamento extra del debito a oltre 50 anni. In assenza di un accordo sul si fanno insistenti le voci che vogliono elezioni anticipate nei primi mesi del 2017.