Lobby

Expo, pasticcio bonifiche: ex proprietari dei terreni hanno fatto causa alla società e ad Arexpo. Chiedono 1,2 milioni

Da un documento anonimo inviato alla consigliera regionale del M5S Silvana Carcano emerge che l'atto di citazione in giudizio è stato presentato ad agosto dalla holding Bastogi della famiglia Cabassi. Il numero uno della società ora proprietaria delle aree, Giuseppe Bonomi, aveva annunciato di volersi rivalere su di loro per gli extra costi sostenuti per ripulire i terreni. Invece è successo il contrario

Un pasticcio sempre più pasticcio. È il triste destino delle bonifiche effettuate sulle aree di Expo. Con il rischio che gli extra costi sostenuti sotto la guida di Giuseppe Sala dalla società di gestione dell’evento per ripulire i terreni dagli inquinanti non vengano più recuperati. E finiscano per pesare sulle tasche dei cittadini. Si tratta dei 29,5 milioni di euro che Arexpo, la società proprietaria delle aree, si è impegnata a chiedere, anche davanti a un giudice, ai vecchi proprietari, tra cui il gruppo Cabassi e Fondazione Fiera Milano. A stabilirlo è l’accordo che la stessa Arexpo ha firmato lo scorso aprile con Expo, a cui i soldi dovranno essere girati. “Avvieremo le cause entro fine settembre”, assicurava qualche mese fa l’amministratore delegato di Arexpo Giuseppe Bonomi. Ma la causa non è ancora stata fatta. E ora arriva il colpo di scena. Non solo Arexpo ed Expo non hanno fatto alcuna causa, ma sono state loro ad essere citate in giudizio.

Secondo un documento arrivato in forma anonima alla consigliera regionale del M5S Silvana Carcano, la holding dei Cabassi, Bastogi spa, ha depositato ad agosto un atto di citazione in giudizio contro le due società, che sinora si sono ben guardate dal rendere pubblica la notizia. Bastogi si è rivolta al giudice non solo per negare ogni sua responsabilità negli extra costi per le bonifiche. Ma anche per chiedere un milione di euro per i danni di immagine subiti in virtù delle pretese di Expo e Arexpo su tali costi. E per avere indietro i 250mila euro pagati da Bastogi per i lavori di bonifica preventivati sulle sue aree, ma mai rendicontati da Arexpo. Il tutto lascia aperta una domanda: “Quali atti sono stati fatti concretamente da Expo e Arexpo per ottenere dai privati i soldi anticipati da tutti i cittadini per i costi e gli extra costi delle bonifiche? – si chiede Carcano – Quali i tempi di prescrizione per riavere ‘i nostri soldi’? Mi auguro solo che nessuno dei vertici delle due società stia pensando di arrivare alla prescrizione per il recupero di questi soldi pubblici, attaccandosi ogni volta ad una scusa differente”.

Il gran pasticcio delle bonifiche di Expo – Il pasticcio delle bonifiche parte da lontano. In base alle analisi effettuate da Metropolitana Milanese prima che i lavori sul sito espositivo iniziassero, per ripulire i terreni si sarebbero dovuti spendere in tutto 6 milioni di euro. Di questi, circa 250mila euro per le aree cedute dai Cabassi. Queste spese sono state sostenute da Expo, che avrebbe dovuto farsi rimborsare da Arexpo, che a sua volta avrebbe dovuto chiederli ai vecchi proprietari entro 60 giorni dal termine delle bonifiche. Ed ecco la prima magagna. Come rilevato in passato da ilfattoquotidiano.it, nonostante le bonifiche siano state ultimate a cavallo tra 2013 e 2014, quei soldi non sono mai stati chiesti: “Arexpo – si legge nell’atto depositato da Bastogi – si è resa inadempiente all’obbligazione di rendicontazione delle attività di bonifica, reiteratamente omettendo di predisporre ed inviare la relativa documentazione”.

E veniamo alla seconda magagna. Anziché 6 milioni di euro, tra bonifiche in loco e conferimento di terre di riporto inquinate in discarica, per pulire i terreni Expo ha speso molto di più. Un anno fa, dopo una serie di sollecitazioni della stessa Carcano, Expo aveva effettuato una prima stima degli extra costi, pari a circa 67 milioni di euro. Quella stima è stata in seguito rivista al ribasso e lo scorso aprile l’accordo tra Expo e Arexpo ha messo nero su bianco la cifra di 29,5 milioni. Somma per la quale Arexpo, in base all’accordo con Expo, avrebbe dovuto rivalersi sui vecchi proprietari intentando una causa entro il 30 settembre. Cosa in realtà non avvenuta, anche perché ad Arexpo non sono arrivati i documenti necessari a ricondurre gli elementi inquinanti ai terreni di provenienza. Questa almeno la versione riportata da Bonomi l’11 ottobre scorso in un’audizione in commissione a Palazzo Marino. E lo stesso atto di citazione di Bastogi fa riferimento ad eventuali prove sulle cause delle contaminazioni come a qualcosa di irrecuperabile, perché “disperse da tempo” a opera di Expo e Arexpo.

Il conflitto di interessi di Fondazione Fiera – Sulla vicenda incombe poi un gran bel conflitto di interessi. Tra i soci di Arexpo non ci sono solo quelli pubblici, in particolare comune di Milano, Regione Lombardia e, a breve, il ministero dell’Economia. Ma c’è anche Fondazione Fiera Milano, che insieme ai Cabassi era proprietaria di gran parte dei terreni. Insomma, Arexpo si è impegnata a fare causa, oltre che ai Cabassi, anche a uno dei suoi stessi soci. Tale conflitto di interessi viene sottolineato anche nelle carte depositate da Bastogi, che fa riferimento al “sospetto di una azione di Arexpo condizionata dal socio Ente Fiera e tesa dunque a porre in capo a Bastogi l’onere esclusivo, o quantomeno prevalente, di rimborso degli importi di cui qui si tratta”.

La replica di Arexpo – I Cabassi, come detto, non chiedono al giudice solo di accertare “l’inesistenza di qualsiasi debito” della loro società per le bonifiche. Ma chiedono anche la restituzione dei 250mila euro versati per i lavori non ancora rendicontati da Arexpo. Oltre che un milione di euro per danni di immagine, visto che Expo e Arexpo hanno diffuso la convinzione “che la società sia fondamentalmente esposta al pagamento di un importo quantificato, nel suo massimo, in 29,5 milioni di euro”, con il conseguente “impatto sulla affidabilità patrimoniale percepita della società sul mercato”. L’udienza, inizialmente prevista per il 15 dicembre, è stata rinviata al 25 gennaio. Contattata da ilfattoquotidiano.it, Arexpo fa sapere che risponderà all’atto di citazione, ritenuto “infondato”, nei termini previsti dalle norme, ovvero entro il 5 gennaio. E comunica che “l’8 novembre scorso è stata inviata una lettera ufficiale ai precedenti proprietari delle aree per evitare il rischio che il termine entro cui fare loro causa venga prescritto”.

Twitter @gigi_gno