Capitoli

  1. Avere 20 anni ai tempi dell’Isis – La vita tra le autobombe: ‘Il Califfato è il passato. Il futuro? Una nuova guerra di religione’
  2. Pagina 1
  3. Pagina 2
  4. Pagina 3
  5. Pagina 4
  6. Pagina 5
Mondo

Avere 20 anni ai tempi dell’Isis – La vita tra le autobombe: ‘Il Califfato è il passato. Il futuro? Una nuova guerra di religione’ - 6/6

I ricordi, l'amore e le speranze secondo Ali, Sajjad, Dani, Assad. Abbiamo scelto le storie di quattro giovani per raccontare due città della Siria - Aleppo e Mohadamyeh - e due dell'Iraq - Baghdad e Sadr City. Lo Stato Islamico perde terreno sotto i colpi della coalizione a guida Usa e della Russia ma la Storia, tra il Tigri e l'Eufrate, è un inesorabile eterno ritorno di sogni e delusioni. La spartizione dei territori tra diverse milizie e i quotidiani attentati prefigurano un domani costellato di nuovi scontri confessionali

ISIS E’ IL PASSATO. IL FUTURO? GLI SCONTRI SETTARI

Ali Eyal. Baghdad, Iraq
Da Mosul, dove oggi esercito iracheno e peshmerga combattono casa per casa per liberare definitivamente la città dall’Isis, Abu Bakr Al Baghdadi aveva mostrato il suo volto e annunciato la nascita del Califfato. Per molti, è lì che si gioca il futuro dello Stato Islamico, e del Paese. “All’inizio del 2015 l’Isis era davvero un problema – sostiene Ali Eyal da Baghdad – perché era arrivato a pochi km da qui. Mentre oggi il problema vero sono tutte le forze che lo combattono: hanno ricevuto le armi, ora chi gliele toglie?”.

 

Sajjad Abbas. Sadr City, Iraq
A Sadr City gli ambulanti vendono per strada divise militari. La legge lo vieta, ma le autorità non fanno nulla: chiunque abbia un fucile può comprare una mimetica, affiliarsi a questo o quel gruppo paramilitare e mettersi a combattere. O a decidere il destino della gente: “Qui, per trovar lavoro, devi affiliarti a qualche milizia. devi prenderne la tessera”, dice Sajjad, che lavora in una emittente tv. I cortei, le manifestazioni, i sogni di cambiamento non bastano più: “Bisogna fare qualcosa per andarsene“.

 

Assad Younes. Aleppo, Siria
Ad Aleppo est c’è poca scelta, quasi impossibile fare i bagagli e andarsene. Non tutti moriranno, ma tutti partono dal presupposto che accadrà da un momento all’altro. L’unico modo per sopravvivere alla mancanza di futuro è pensare al futuro. Quello di chi resterà in vita: “Non sappiamo se c’è un domani, qui – sospira Assad Younes – nel caso in cui arrivasse, non sappiamo se saremo ancora vivi: per questo sacrifichiamo le nostre vite per chi verrà dopo di noi. Nessuno dovrà vivere quello che la mia generazione sta affrontando”.