Scuola

Concorsone 2016, sentenza del Consiglio di Stato: ‘Riapritelo per dottori di ricerca’

Il tribunale ha ipotizzato un’equiparazione tra dottorato quindi, ha stabilito, "va disposta l’ammissione con riserva degli appellanti a prove suppletive, da predisporre e da svolgere nel più breve tempo possibile"

“Riaprite il concorso scuola 2016 per i dottori di ricerca”. A richiederlo è una sentenza del Consiglio di Stato, che ha accolto (con riserva) il ricorso di centinaia di cosiddetti “Ph.D” che erano stati esclusi dal concorsone. Gli scritti si sono svolti lo scorso maggio, gli orali in estate; le graduatorie sono state approvate e alcuni dei vincitori già assunti per l’inizio dell’anno scolastico. Ma adesso il Ministero dovrà predisporre delle nuove prove per questi candidati “in extremis”; e magari dovrà anche assumerli, in attesa di un giudizio di merito che chiarisca una volta per tutte se avere un dottorato può davvero dare diritto ad una cattedra nella scuola italiana.

La questione è quasi tutta qui: il dottorato di ricerca equivale ad un’abilitazione all’insegnamento? Formalmente no: secondo la normativa italiana, infatti, si tratta di un “titolo valutabile soltanto in ambito accademico”. E questa è la strada seguita anche dal Miur, escludendo dal concorsone tutti i “Ph.D” che non avessero conseguito l’abilitazione all’insegnamento tramite Tfa, Pas, Ssis o altri canali ufficiali. Eppure lo stesso bando del concorsone a riguardo era un po’ ambiguo, riconoscendo al dottorato ben 5 punti sui 10 totali riservati al curriculum dei partecipanti. Una valorizzazione notevole ma senza riconoscimento abilitante. Insomma, una contraddizione almeno per i diretti interessati. Il ricorso appena accolto dal Consiglio di Stato, però, si spinge oltre, fino a ipotizzare un’equiparazione tra dottorato e abilitazione, facendo dei raffronti specifici in particolare con la formazione dei Pas, i Percorsi abilitanti speciali con cui ci sarebbe più di un’analogia: l’unica vera differenza risiede nel tirocinio, che però i dottorandi non avrebbero la possibilità di svolgere in quanto impegnati in università (e comunque avrebbero fatto da supplenti di terza fascia).

Secondo i giudici, “la questione relativa all’equiparazione tra dottorato di ricerca e abilitazione appare non manifestamente infondata”, e quindi “l’istanza va accolta in via cautelare”. Pertanto “va disposta l’ammissione con riserva degli appellanti a prove suppletive, da predisporre e da svolgere nel più breve tempo possibile”. Il Ministero, quindi, dovrà far fronte ad una coda imprevista del concorsone, che già si era dilatato a dismisura per ritardi e problemi vari: nuovi esami (forse già entro Natale), integrazione delle graduatorie e, laddove sia necessario (impensabile togliere la cattedra a chi l’ha già avuta nel frattempo) assunzioni in sovrannumero. Nell’attesa di un giudizio di merito che non arriverà prima del 2017.

I ricorsisti sono circa 200-250, e solo loro avranno questa chance inaspettata. Ma i dottori di ricerca iscritti nella terza fascia delle Graduatorie scolastiche in Italia sono decine di migliaia: potrebbero esserci buone notizie anche per loro. Da anni, infatti, l’Adi (Associazione Dottorandi Italiani) chiede un intervento del governo sul riconoscimento di un titolo poco spendibile al di fuori degli atenei, garantendo almeno una corsia preferenziale di accesso ai Tirocini abilitanti. “Se la decisione dei giudici verrà confermata, per tutti i dottori si aprono nuovi scenari nella carriera da insegnanti”, spiega l’avvocato Santi Delia dello studio Delia e Bonetti che ha curato il procedimento. Intanto il concorsone della scuola ricomincia.

Twitter: @lVendemiale