Scienza

Aids, nuove speranze da cura sperimentale inglese: “Possibile guarigione, ma ancora all’inizio”

Si tratta di un uomo di 44 anni che si è sottoposto ad un innovativo protocollo medico. Il nuovo metodo combina le terapie antiretrovirali standard con un farmaco che riattiva il virus dell'Aids "dormiente" nel sangue, insieme a un vaccino che induce il sistema immunitario a distruggere le cellule infette

Il risultato definitivo si potrà avere non prima di cinque anni, ma la speranza è che un nuovo protocollo di cure contro il virus Hiv messo a punto da diversi istituti britannici, funzioni. Un uomo di 44 anni che si è sottoposto alla terapia sperimentale al termine della cura non presenta segni del virus nel suo sangue.

A riportare la notizia molti media inglesi, tra cui il Guardian. La ricerca in questione, condotta su 50 persone, combina l’uso delle terapie antiretrovirali standard con un farmaco che riattiva il virus dell’Aids “dormiente” nel sangue, insieme a un vaccino che induce il sistema immunitario a distruggere le cellule infette. “Questo è uno dei primi tentativi seri di trovare una cura definitiva per l’Hiv”, spiega Mark Samuels, dirigente del Servizio sanitario inglese (Nhs) che sta finanziando il test. “È una sfida enorme – prosegue Samuels – ed è ancora all’inizio, ma il progresso è notevole”.

I farmaci antiretrovirali usati attualmente riescono a tenere molto basso il livello del virus nel sangue, ma non hanno effetto contro quella piccola percentuale di particelle virali “dormienti” che sono responsabili del ritorno della malattia se si interrompono le cure. Nel 2013 aveva suscitato molte speranze il cosiddetto “Mississippi baby”, una bambina nata sieropositiva e curata aggressivamente fin dalle prime ore di vita: in quel caso il virus, che in un primo tempo sembrava sparito, è tornato qualche mese dopo aver interrotto il trattamento. Lo scorso anno i medici dell’ospedale Necker di Parigi hanno invece reso nota la vicenda di una diciottenne anch’essa nata sieropositiva e curata con la terapia antiretrovirale fino ai sei anni. Nel sangue della ragazza, spiegano i medici pur restando molto cauti sulle prospettive, il virus non è rilevabile ormai da 12 anni.