Diritti

Disabilità, perché lo spot di Zalone non mi fa ridere

Da qualche giorno è diventato virale il video in cui Checco Zalone è protagonista di uno spot televisivo definito “allegro” e volto alla raccolta di donazioni alle famiglie con Atrofia muscolare spinale (Sma) e alla ricerca. Come? Attraverso una comunicazione efficace rivolta a tutti.

Come genitore di un figlio gravemente disabile mi dissocio totalmente da questa voglia di giocare e scherzare strumentalizzando problemi quotidiani che tutto fanno tranne che ridere. Nello spot si auspica la guarigione del giovane concludendo il messaggio dinanzi al parcheggio riservato tanto ambìto. Non ci trovo proprio nulla di costruttivo. Apprezzo Zalone e l’iniziativa. Non condivido questo genere di giochi e sorrisi.

Per tantissimi disabili, mentre sta andando avanti la raccolta fondi, riuscire a far rispettare il diritto al parcheggio rimane un grande problema che scaturisce da una buona dose di inciviltà.

Per tantissimi disabili usare ascensori, montascale e ausili vari significa semplicemente affrontare una vera e propria aberrazione quotidiana. Sepolti da indifferenza, scartoffie, burocrazie, abusi e soprusi, rimangono obbligati al letto se la sedia a rotelle in dotazione si rompe. Rimangono anche bloccati a casa se un ausilio si blocca: se non hanno gli strumenti (economici, familiari, ecc ecc)  per intervenire privatamente possono rimanere immobilizzati (e soli) per un tempo indefinito.

Chi mi legge conosce la mia disavventura con l’automobile allestita per il trasporto di Diletta. Incendiata dolosamente nel marzo 2015. Ad oggi quei bravi signori della Regione Lazio ancora non mi hanno rimborsato la incredibile somma di mille euro scarsi che mi sono dovuti a fronte di una spesa di circa seimila per il solo adattamento. Senza considerare che anche l’acquisto del mezzo è legato a necessità imprescindibili e quindi riduce le possibilità di risparmio.

La scorsa estate, in una casa senza ascensore, il montascale in uso a mia figlia per salire e scendere si è rotto. E anche qui, se non avessi potuto provvedere direttamente alla riparazione, mia figlia sarebbe ancora chiusa lì dentro a scontare la pena della sua disabilità.

Senza voler elencare tutti gli altri disservizi: pannoloni non consegnati e telefoni che squillano a vuoto; operatori assunti grazie a un contratto con i municipi che tardano l’erogazione dei contributi fino a tre mesi riducendo le famiglie alla fame costringerndole ad anticipare stipendi e contributi agli operatori. Operatori che non sono presenze di lusso ma presenze essenziali per la cura e l’accudimento del disabile. Alunni sballottati da un pulmino all’altro mentre teste ancora in vacanza cercano di capire come costruire il giro su google map. Assistenza scolastica ridotta come il sostegno. Potrei continuare.

E a fronte di tutto questo ho visto scorrere quelle belle immagini divertenti. Forse per chi non conosce questa realtà (e mai la conoscerà se quella è l’idea che trasmettiamo). Scusatemi. La mia allegria esiste unitamente alla mia gioia di vivere e alla voglia di scherzare, ma non mi sarebbe mai venuto in mente di chiedere aiuti per la ricerca tramite l’escamotage: “Dai i tuoi soldi! Così a me non servirà il parcheggio e tu potrai fare come ti pare”.

Esistono purtroppo mille altre patologie che, in quanto a ricerca, hanno ancora poco perfino da sperare. Non è una polemica di principio. E’ un dispiacere che provo quando assisto a queste divisioni per patologia e a queste provocazioni che non valutano a mio avviso la realtà quotidiana.

La ricerca è una cosa seria e andrebbe previsto uno spot complessivo che facesse riflettere tutti su quanti sprechi si continuano a foraggiare a discapito di investimenti pubblici a favore della salute dei cittadini. Salute pubblica che mi risulta essere ancora un diritto inviolabile di tutti i cittadini.