Società

Softair, che senso ha far giocare alla guerra i ragazzi?

Domenica scorsa io e la mia famiglia stavamo percorrendo un sentiero Cai, nei pressi delle Foreste Casentinesi, ma ad un certo punto un soldato in tuta mimetica, armato fino ai denti, ci ha bloccato la strada. Inizialmente pensavo ad un cacciatore e già mi saliva il nervoso, poi ho visto il mitra e sono rimasta allibita: “Non potete passare, è in corso un combattimento softair. Se volete passare andate veloci, parlate a voce alta, ma state attenti ai bambini… potrebbero beccarsi pallini negli occhi”.

Il nervoso mi è esploso dentro, e il soldatino ha pensato bene di girare i tacchi e andarsene. Abbiamo provato a richiamarlo per chiedergli altre spiegazioni, ma si era già dileguato nel bosco. A quel punto? Diverbio col marito, bambini stufi seduti a terra.

Per la rabbia avrei voluto tirare avanti sbraitando il mio disappunto ai soldatini nascosti dietro ai cespugli, oppure ancora meglio, avrei voluto cantare a squarciagola il Disertore di Borsi Vian

“E dica pure ai suoi,
se vengono a cercarmi,
che possono spararmi,
io armi non ne ho…”

Per fortuna mio marito mi ha riportato alla ragione e abbiamo scelto la via più saggia: il ritorno.

L’indomani (col nervoso ancora dentro) ho telefonato ai carabinieri, che mi hanno confermato che era tutto in regola. Abbattuta e allibita, telefono dunque alla Guardia Forestale che invece non sapeva niente. In capo ad alcuni giorni, il presidente dell’associazione softair in questione mi porge le scuse, mi fa sapere che il giocatore aveva sbagliato a bloccarci, e secondo le regole del gioco noi potevamo passare e il gioco si sarebbe fermato.

Mi hanno scritto in tanti giocatori, chi in malo modo chi con gentilezza, spiegandomi le loro ragioni, la loro passione in un gioco che non crea nessun male al mondo. Il softair è sicuramente molto meno impattante e vile della caccia, che ammazza animali per scelta e umani per sbaglio, inquinando i boschi con pallini di piombo. Forse anche meno impattante di sport come lo sci e il moto cross. I giocatori di softair dicono di usare pallini biodegradabili e molti di loro mi hanno raccontato il loro amore per la natura. Consolante, ma non basta. Dove lo mettiamo il disturbo creato alla flora e alla fauna da parte di questi uomini che corrono fuori sentiero, calpestano il sottobosco, urlano e possono impallinare (sia pur per sbaglio) piccoli animali?

A mio parere ci vogliono maggiori limiti: il softair dovrebbe essere permesso solo in aree private, non nei periodi di riproduzione animali e non nelle aree ad elevata biodiversità. L’autorizzazione andrebbe concessa non solo dai carabinieri, che si occupano di pubblica sicurezza e non se ne intendono di impatto ambientale. L’autorizzazione andrebbe richiesta anche al Corpo Forestale.

Infine… un’altra piccola riflessione (già sento i commentatori che insorgono al grido “moralista pacifista idealista irrealista!”).

Fin quando si è bambini, ci può essere inconsapevolezza e spensieratezza nel giocare a fare la guerra. Anch’io da piccola giocavo con mio fratello e gli amichetti a rincorrerci coi fucili di legno. La guerra non sapevamo cosa fosse. Ma quando si è adulti, si dovrebbe far fatica a mimare la guerra a cuor leggero. Si dovrebbe far fatica a divertirsi sparando. Si dovrebbe sapere che al di là del mare c’è la guerra vera… che quelle nostre stesse divise vestono carnefici e carni da macello, indicibili tragedie e crudeltà.

E’ inquietante vedere un adulto armato fino ai denti che si diverte mimando la più grande catastrofe dell’umanità. La domanda nasce spontanea: cos’è che lo scollega dalla realtà?