Società

Vegani, un libro per spiegare il perché di questo stile di vita

Lisa Kemmerer si presenta già nell’aspetto per quello che è, una persona dolce e disponibile che non ha nulla del cattedratico universitario, lei che pure insegna filosofia delle religioni alla Montana State University.

Ma non è per la sua materia che adesso gira l’Italia ma per parlare del tema del suo libro pubblicato dalla Oxford University Press e attualmente tradotto per la prima volta e distribuito da noi da Safarà Editore, con il titolo Mangiare la terra. Etica ambientale e scelte alimentari, nella coraggiosa collana Animalia, specificamente dedicata al rapporto fra animali umani e non umani. Un libro pieno di passione ma anche di dati scientifici su schemi, grafici e tabelle, in libreria dal 29 settembre ma già acquistabile on-line.

Lisa passa anche da Torino, all’affascinante Pav (Parco di Arte Vivente), dove la incontro e discorriamo un po’ del tema del suo libro.

Può dirmi in breve di cosa tratta l’opera?

Il libro si propone di indirizzare i lettori verso un tipo di alimentazione che non richieda né l’allevamento né l’uccisione di animali. Questa scelta deve essere consapevole e si può ricavare dall’acronimo Amore, laddove A sta per animali, e costituisce la scelta etica di non uccidere e non contribuire ad uccidere gli animali; M rappresenta le ragioni mediche per rifiutare una dieta onnivora. Il consumo di animali può comportare problemi cardiaci, cancro, problemi respiratori (indiretti), ictus e diabete; O sta per persone oppresse: mangiare prodotti animali alimenta e mantiene vari tipi di oppressione, anche e soprattutto fra umani; R sta per religione: le grandi religioni invitano l’uomo a essere rispettoso della vita e della terra su cui vive; E sta per environment, ambiente: gli allevamenti animali contribuiscono alla deforestazione e al degrado in generale dell’ambiente, all’inquinamento di acqua, aria e terra. Il libro mi ha impegnata molto, ho impiegato quindici anni della mia vita per portarlo a termine.

Si parla abitualmente di caccia di selezione e di pesca sostenibile. Cosa ne pensa al riguardo?

Parlo della realtà degli Stati Uniti, che conosco bene. Qui le politiche legate alla fauna selvatica sono essenzialmente utilitaristiche, modellate da e per i cacciatori, anche quando si parla di necessità di ridurre il numero di individui di una specie mediante gli abbattimenti, consentiti addirittura in alcune aree protette. I cacciatori negli Stati Uniti sono sempre più in diminuzione perché i giovani non sono interessati, e questo comporta minori entrate per il Governo. Ecco allora che lo stesso incita in vario modo la popolazione a prendere il permesso. La pesca, non esiste pesca sostenibile. I pesci stanno diminuendo drasticamente dai nostri mari. Purtroppo, questa è una strage silenziosa e meno evidente di quella degli animali terrestri e si è portati a non preoccuparsene, o a preoccuparsi solo per i cetacei o per il corallo. La realtà invece è drammatica. Già nel 2003 la Paw Ocean Commission segnalò come i mari del mondo versassero in uno stato di collasso silenzioso.

In Italia la tematica dell’alimentazione non viene pressoché affrontata dalle associazioni ambientaliste. E’ così anche negli Stati Uniti?

Purtroppo sì, sono poche le associazioni che se ne occupano. Le maggiori associazioni non ne parlano, è un argomento scomodo che potrebbe attirare critiche da parte degli associati. Nonostante questa loro attenzione agli iscritti, peraltro, il numero degli aderenti alle associazioni ambientaliste classiche è in costante diminuzione.

Non so negli Stati Uniti, ma qui in Italia il numero degli animali da compagnia è in costante aumento, ed essi si cibano anche di prodotti animali. Come pensa si possa intervenire?

Io ho tre cani e li ho abituati a una dieta vegana. Si può fare. Più restii sono i gatti.

Cosa ne pensa della teoria che anche le piante abbiano una sensibilità?

Penso che non c’è prova scientifica al riguardo, mentre è certo che gli animali soffrono, perché loro sì sono esseri senzienti. Peraltro, anche se per assurdo ammettessimo che le piante sono sensibili, dato che gli animali mangiano le piante e noi mangiamo gli animali, in tal modo si produrrebbe nel mondo molta più sofferenza che non mangiando le piante direttamente.

Negli Stati Uniti la sensibilità ambientale, in generale, sta aumentando o diminuendo?

Diminuisce, soprattutto perché i giovani sono disillusi, e buona parte di loro crede che si stia andando verso la rovina e non vi sia nulla da poter fare. E invece si potrebbe fare molto.

L’uomo che ha vissuto sulla terra finora è stato o cacciatore e raccoglitore o allevatore ed agricoltore. Quello che lei immagina è un uomo nuovo?

In realtà, nel paleolitico l’uomo si cibava anche dei frutti della terra, che venivano raccolti dalle donne. L’idea che l’uomo fosse cacciatore è un’idea che deriva non da una visione generale dell’umanità, ma da una visione permeata di maschilismo, e di cultura patriarcale. Ancora oggi il maschio è più legato alla carne della donna. La donna ha molta più facilità di convertirsi a una alimentazione priva di proteine animali.

Non ritiene che l’uomo debba cambiare rispetto a come è oggi non tanto per salvare se stesso, quanto perché oggi, che se ne renda conto o no, egli sta male?

Sì, sono assolutamente d’accordo.