Scuola

Mense scolastiche, “a Milano bimbi allontanati dai compagni perché muniti di pasto da casa”. Scontro Comune-Regione

Dopo il via libera alla 'schiscetta' dei giudici torinesi, anche alcune famiglie lombarde decidono di rinunciare al servizio mensa. Ma scoppia il caso: una bimba finisce in lacrime perché isolata, come un bambino in un altro istituto cittadino. Palazzo Marino: "Non si può pretendere di consumare un pasto portato da casa all'interno dei locali della refezione". L'assessore regionale Aprea: "Il Comune chieda scusa"

Isolati a scuola e fuori dal refettorio perché hanno portato il pranzo da casa. Succede a Milano, in due elementari: alle Pirelli in zona Niguarda e a quelle in via Palermo. Dopo la sentenza di Torino che ha respinto il reclamo del Miur e dato il via libera al panino, anche alcuni genitori in Lombardia hanno deciso di rinunciare alla refezione per i loro bambini. Una scelta sfociata nell’esclusione dei piccoli. In una delle due scuole una bimba munita di cibo da casa, scrive il Corriere, “il primo giorno entra in mensa, il secondo la mandano in un’aula con la bidella, il terzo la preside la porta in mensa ma in un tavolo separato. Poi interviene il Comune e niente più refettorio”. Quindi mangia da sola e finisce in lacrime. Nell’altro caso, anche il bimbo è stato allontanato dai compagni. La conseguenza spiegata dai genitori: “Non ha toccato cibo e si è sentito male”.

Una procedura che deriva dalla comunicazione netta inviata venerdì dal Comune di Milano a tutti i presidi: “Nessuno a Milano può pretendere di consumare un pasto portato da casa all’interno dei locali della refezione“. Dunque, se i bimbi vengono isolati dai compagni all’ora di pranzo come è accaduto in questi giorni, non c’è nulla di strano. Ma l’opinione della Regione è diametralmente opposta. “Il Comune chieda scusa”, è stato il commento oggi dell’assessore all’Istruzione della Regione Lombardia Valentina Aprea. “L’ordinanza del tribunale di Torino del 9 settembre con cui è stato riconosciuto il diritto di consumare un pasto portato da casa – ha aggiunto – non vale solo per le 58 famiglie che hanno intrapreso l’azione legale avverso il ministero a Torino, ma per tutte le famiglie che dovessero decidere di non avvalersi più del servizio mensa”.

Ma per il vice sindaco di Milano Anna Scavuzzo non è così: “L’ordinanza del tribunale di Torino non è resa nell’ambito di un giudizio a cognizione piena, quindi non ha l’efficacia di una sentenza passata in giudicato, comunque valida solo per i ricorrenti – replica il vice sindaco e assessore all’Educazione del Comune di Milano Anna Scavuzzo – Insomma, nessuno a Milano può pretendere di consumare un qualsiasi pasto portato da casa all’interno dei locali adibiti alla refezione scolastica”. E mentre Comune e Regione continuano a scontrarsi, la Aprea ha annunciato un tavolo per stabilire le regole sulla schiscetta il prossimo 4 ottobre.

E nel Torinese è scoppiato un altro caso. Alla scuola media di San Carlo Canavese, un gruppo di una decina di famiglie (per un totale di 18 alunni su 125) ha fatto sapere alla dirigenza scolastica di voler rinunciare al pasto fornito dalla mensa, sostituendolo con quello preparato a casa, come previsto dalla recente sentenza del tribunale di Torino. “E’ nostro diritto poter scegliere – spiegano i genitori – non si tratta di una questione economica. Alla scuola del paese non c’è una cucina e i cibi confezionati arrivano quasi sempre poco freschi”. Il Comune, che gestisce il servizio, ha negato alle famiglie la possibilità di consumare in mensa il cibo preparato a casa. Da qui l’idea dei genitori, se non si troverà una soluzione, di mandare i figli al ristorante, sulla piazza della scuola.