Televisione

Olimpiadi Rio 2016, Lucchetta e Antinelli: quando la telecronaca diventa un cult

Il segreto della coppia? Da un lato la professionalità, dall'altra un briciolo di sana follia; da un lato un italiano perfetto, dall'altro le ardite metafore, le similitudini azzardate, il nonsense. Ma limitare Lucky nel ruolo del buffone di corte è un sacrilegio

Ormai quotidianamente, e da tempo immemore, gli appassionati di televisione di ogni età e tipo lanciano pesanti lamentazioni contro Mamma Rai, accusata di non riuscire a stare al passo con la modernità televisiva e di essere destinata a perdere tutte le enormi sfide che questa nuova era digitale sta lanciando ai tradizionali mezzi di comunicazione di massa. È successo abbondantemente anche durante i Giochi di Rio, che la nostra tv pubblica è tornata a raccontare in esclusiva, con alcune prove non esaltanti di telecronisti, commentatori tecnici e inviati. La Rai, bisogna ammetterlo, ha fatto quello che ha potuto e quello che in questo momento è in grado di fare. Lo sforzo è da apprezzare, i risultati molto meno.

Ma nel parco telecronisti non certo esaltante di viale Mazzini, si sono imposti due nomi su tutti, diventati subito oggetto di culto per i tanti utenti dei social network che hanno seguito le Olimpiadi: Alessandro Antinelli e Andrea Lucchetta, a cui sono state affidate le telecronache di pallavolo e beach volley. Il romano Antinelli, classe 1974, un passato da giocatore di pallavolo, è da tempo la migliore risorsa giornalistica di RaiSport. Lo ha dimostrato più volte e ricoprendo ruoli diversi: ottimo commentatore da bordo campo dei match della Nazionale di calcio, bravo conduttore della Domenica Sportiva (ma la coppia con Giusy Versace non funzionava affatto), prezioso e talentuoso inviato a mondiali ed europei di calcio, capace di raccontare non solo l’aspetto sportivo di un evento, ma anche i risvolti culturali e sociali, forte anche di una naturale inclinazione politica che gli permette di empatizzare con la realtà che lo circonda. Antinelli è bravo assai, e lo spazio conquistato negli anni in un ambiente non certo facile come RaiSport è la dimostrazione che persino in Rai le persone dotate di talento possono far carriera. Professionale, preciso, contemporaneo, distante anni luce dallo stile polveroso della Rai, è anche un gran bell’uomo, e la cosa non guasta mai. A volte rischia di innamorarsi troppo di se stesso e di fare la fine di Narciso, ma improvvisamente riemerge il cavallo di razza e il rischio è scongiurato. E visto che di pallavolo se ne intende assai perché ci ha giocato per anni, Alessandro Antinelli è anche la voce ufficiale delle telecronache dei grandi match internazionali della Nazionale italiana di volley. Per ovvi motivi di tempo non può commentare le partite di campionato, ma quando gli Azzurri scendono in campo per conquistare qualche medaglia olimpica o mondiale, Antinelli rimette la cuffia e racconta con dovizia di particolari e piglio gagliardo le gesta di Zaytsev e compagni.

Il valore aggiunto delle telecronache di Antinelli, poi, è la presenza di quel fantastico pazzo che risponde al nome di Andrea Lucchetta. Pallavolista di enorme successo negli anni Ottanta e negli anni Novanta, pedina fondamentale di quella “generazione di fenomeni” che nel 1990, vincendo il Mondiale in Brasile sotto la guida del guru Julio Velasco, aprì un ciclo infinito e irripetibile, negli ultimi quindici anni, dal ritiro in poi, Lucchetta ha tentato più volte la via dello showbusiness (ha partecipato al reality show la Talpa, ha cantato, ha condotto programmi in radio e in tv, ha addirittura presentato una puntata dello Zecchino d’Oro). È un fiume in piena di parole e movimenti, è iperattivo, ha un eloquio fantasioso e grottesco. Lucchetta è una forza della natura, e come tutte le forze della natura, se non arginate, può esondare e provocare danni irreparabili.

Ecco perché la coppia Antinelli-Lucchetta funziona così bene: da un lato la professionalità, dall’altra un briciolo di sana follia; da un lato un italiano perfetto, dall’altro le ardite metafore, le similitudini azzardate, il nonsense. Ma limitare Andrea Lucchetta nel ruolo del buffone di corte è un sacrilegio: Lucky è innanzitutto uno dei più grandi esperti italiani di pallavolo. Tecnicamente e tatticamente, i suoi commenti sono precisi, approfonditi, molto tecnici. Con in più, però, un linguaggio ultrapop che permette anche ai profani di capire di cosa si sta parlando. “Forza e ignoranza: questa è la ricetta vincente!”, ha strillato durante la semifinale al cardiopalma tra Italia e Stati Uniti. O ancora: “Il pallone si è sbrodolato come un canederlo troppo cotto”, “Maschera tutto come un gatto nella lettiera per evitare che l’odore si sparga” e potremmo continuare all’infinito, tante sono state le perle che ha regalato ai telespettatori increduli e divertiti.

La coppia Antinelli-Lucchetta è stata la cosa più bella dell’impegno Rai ai Giochi di Rio, una ventata d’aria fresca, un momento di contemporaneità nel bianco e nero perenne di viale Mazzini. Non si può piacere a tutti, ovviamente, e sui social una parte dei commentatori ha criticato assai il loro modo di fare le telecronache dei match. A coloro i quali hanno avanzato pur legittime critiche, però, suggeriremmo di andare a riguardare le telecronache di tanti altri sport degli ultimi Giochi e di confrontarle con quelle della pallavolo. Il confronto è imbarazzante per quasi tutti gli altri (salviamo l’iperbolico e intramontabile Franco Bragagna) e Antinelli e Lucchetta ne escono, giustamente, da trionfatori.

RaiSport è una delle strutture più complicate della Rai e negli ultimi anni è stata spesso divorata da lotte intestine senza esclusione di colpi. Ma se sono ancora troppi i parrucconi noiosi che occupano posizioni di rilievo nei programmi sportivi di viale Mazzini, l’inesorabile ascesa di gente come Alessandro Antinelli ci fa ben sperare. È uno dei pochi, forse l’unico, che può reggere il confronto con i colleghi delle pay tv, con il loro linguaggio, il loro approccio moderno allo sport.