Cronaca

Savona, distruggono l’opera dello scultore Morando (e lui deve pagare i danni)

Le Polene erano grandiose figure femminili che, con lo sguardo fiero e le poppe al vento, proteggevano senza burkini le traversate oceaniche dei velieri. Sono queste divinità pagane che hanno ispirato le “Polene di Savona“ una serie di busti che le più belle dame della città hanno preteso come prova d’amore da mariti e amanti . Ottenuto il fatidico “sì “, le dame-modelle hanno offerto le loro curve ai calchi in gesso dello scultore Walter Morando, che , nel corso degli anni, ha realizzato in ceramica e in bronzo una serie di ‘istantanee’ che fissano la bellezza effimera di corpi veri.

Ex-portuale diventato pittore e scultore di fama non solo nazionale, Morando ha narrato per 40 anni la vita del porto, raccontando ad acquaforte la fatica dei camalli o ricreandone in ceramica o n bronzo gli oggetti, dalle bitte ai ganci , dai rimorchiatori ai container.

Unico artista che si sia battuto contro la cementificazione della vecchia Darsena imposta dal combinato-dispotico del Pd locale e dell’Ente Porto con la costruzione del Crescent (l’ecomostro di Sinistra) Morando è forse l’ultima vittima illustre della cupola che ha benedetto lo scempio urbanistico della città vecchia.

Alla fine di questo mese dovrà pagare 33mila euro equamente ripartiti fra il Comune, l’Ente Porto e un’assicurazione.

Invitato nel 2001 a una mostra dedicata alle attività dei porti, Morando fa istallare in Darsena un container di cristallo di 9 metri per 3 che doveva simboleggiare i traffici dei porti ma anche la trasparenza.

Alla fine dell’evento Morando apre Il SecoloXIX e scopre che l’opera, rimossa a sua insaputa, era scivolata dal camion che la trasportava e esplodendo in mille pezzi aveva danneggiato due moto e un’auto parcheggiata.

Invece di chiedergli scusa l’Ente Porto (all’epoca il presidente era Rino Canavese) e il Comune di Savona (all’epoca il sindaco era Carlo Ruggieri) gli hanno chiesto i danni sostenendo che l’opera “era stata abbandonata”.

Il giudice ha dato ragione ai poteri forti della città e torto a Morando che oltre al danno – la distruzione dell’opera – ora subirà anche la beffa: pagare le spese legali a chi gliel’ha distrutta.