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Turchia, possibile ritorno della pena di morte. Erdogan: “La chiede il popolo, non lo ignoreremo”. Arrestati 3mila giudici

In carcere i giudici destituiti sabato e anche il consigliere militare del presidente, che avrebbe collaborato con i golpisti. Il presidente: "Gulen virus: faremo pulizia dei suoi sostenitori". Intanto sale ancora la tensione con gli Usa, a cui Ankara ha chiesto l'estradizione del predicatore in esilio accusato di essere l'ispiratore del colpo di Stato fallito. Lui risponde insinuando il sospetto della sceneggiata

Chiede al popolo di non lasciare le piazze, promette di fare pulizia di tutti gli oppositori, evoca a più riprese la possibilità di reintrodurre la pena di morte. A due giorni dal fallito colpo di Stato di venerdì notte il quadro che si sta delineando in Turchia è chiarissimo: il presidente Recep Tayyip Erdogan è tornato più forte che mai e sta mettendo in atto quanto promesso ai sostenitori mentre riprendeva il controllo dei gangli del potere. “Gli autori del golpe pagheranno“, aveva detto mentre tra Ankara e Istanbul si vivevano scene da guerra civile. E nel giorno dei funerali delle quasi 300 persone morte nella notte di venerdì, torna a ipotizzare la reintroduzione della pena di morte, complici i cori del popolo che chiedono a gran voce la condanna capitale per i golpisti. “Non possiamo ignorare questa richiesta dei cittadini”, ha detto Erdogan, aggiungendo che l’ipotesi di punire con la pena di morte i congiurati sarà discussa con l’opposizione. La Turchia aveva abolito pena capitale nel 2004, per adeguarsi ai criteri di adesione all’Unione europea, ma l’ultima esecuzione risale al 1984.

Erdogan: “Gulen virus: fermo pulizia dei suoi sostenitori” –  Uno è il nemico fondamentale messo nel mirino da Erdogan quando ancora il tentativo di colpo di Stato era in atto: e cioè Fethullah Gülen, l’imam e magnate in esilio negli Usa accusato di essere lo stratega del fallito golpe e di cui Ankara ha chiesto l’estradizione. A lui e ai suoi sostenitori si è rivolto Erdogan intervenendo ai funerali delle persone morte durante il golpe. “Faremo pulizia all’interno di tutte le istituzioni dello Stato del virus” dei sostenitori di Gulen, ha ribadito. La folla ha risposto intonando slogan come “Fethullah la pagherà” e appunto “vogliamo la pena di morte“. Ed è per questo motivo che Erdogan ha alzato il tiro, soffiando sul fuoco dell’umore popolare: “Non lasceremo le piazze – ha sottolineato – Questa non è un’operazione che dura 12 ore. Andremo avanti con determinazione”. Anche il ministero degli Esteri turco, nella nota in cui specifica che le persone uccise venerdì notte sono state 290 (190 civili e 100 militari), sottolinea che il golpe è stato messo in atto “senza alcun dubbio dall’organizzazione terroristica di Fethullah Gulen”. Il nemico numero uno di Erdogan, da parte sua, dagli Stati Uniti ipotizza che l’operazione sia stata una messa in scena orchestrata dal partito di Erdogan, l’Akp, per rendere ancora più salda la presa del “Sultano“.

Seimila arresti in un giorno: anche tremila giudici – E in effetti, a due giorni dal fallito golpe, non si fermano le operazioni di “rastrellamento“dei congiurati. “Ci sono circa 6mila arresti, e ce ne saranno altri 6mila. Continuiamo a fare pulizia“, ha detto il ministro della Giustizia turco, Bekir Bozdag. Poco dopo, il Consiglio supremo dei giudici e procuratori turchi ha ordinato di mettere in manette i 2.745 magistrati che erano già stati rimossi dai loro incarichi perché ritenuti fedeli proprio a Gulen. Così, considerando i quasi 3mila arresti tra i militari golpisti, la prima parte dell’annuncio di Bozdag diventa realtà. Ma non solo. Perché un mandato d’arresto è stato spiccato anche per il consigliere militare del presidenteAli Yazici: il colonnello, secondo l’agenzia statale Anadolu, quella notte ha confermato ai golpisti che Erdogan si trovava nella località costiera egea di Marmaris (il suo albergo è stato poi bombardato) favorendo tra l’altro il sequestro del suo segretario generale, Fatih Kasirga, poco dopo la fuga del presidente.

Tensione con gli Usa. – Nel frattempo sale ancora la tensione fra Ankara e Washington dopo che la base aerea di Incirlik, aperta dalla scorsa estate alla coalizione anti-Isis, è stata lasciata senza corrente elettrica. Tra gli arrestati nelle retate anti-golpisti – altri 52 magistrati e giudici sono stati fermati domenica – c’è anche il generale Bekir Ercan Vanalla, che la guidava: il sospetto del governo, ufficialmente, è che la base sia stata utilizzata per rifornire un caccia ‘”dirottato” dai golpisti la notte di venerdì. A 24 ore dalla chiusura dello spazio aereo ai velivoli militari, la Turchia ha consentito alla coalizione anti-Isis a guida Usa di riprendere i raid. “Strutture Usa a Incirlik stanno operando con fonti energetiche proprie, ma speriamo di attivare l’energia commerciale presto”, ha spiegato il portavoce della Difesa Peter Cook.

Kerry: “Forniscano prove colpevolezza Gulen” –Anche sul fronte delle tensioni con Washington per Ankara per Ankara il nodo è sempre lo stesso: e cioè quello rappresentato da Gulen, che dal 1999 vive negli Stati Uniti, dove si è auto esiliato. Il ministro del Lavoro turco ha ipotizzato apertamente, riferisce la Bbc, che dietro il colpo ci fossero gli Usa, mentre il segretario di Stato statunitense John Kerry ha negato tutto mettendo in guardia la Turchia da quelle che ha chiamato “pubbliche insinuazioni“. I sospetti sugli Usa – ha detto Kerry – “sono totalmente falsi e danneggiano” i rapporti.  “E’ irresponsabile accusare un coinvolgimento americano” quando gli Stati Uniti sono in attesa della richiesta di estradizione dello stesso Gulen. . “Abbiamo detto – ha continuato il segretario di Stato –  dateci le prove, abbiamo bisogno di una documentazione solida per l’estradizione e per l’approvazione. Stiamo aspettando e siamo pronti ad agire se rispetteranno gli standard legali”, Bozdag da parte sua ha ribadito che “se gli Stati Uniti sosterranno” quello che viene considerato il numero uno di Erdogan, negandone l’estradizione con l’accusa di aver organizzato il fallito golpe, “questo danneggerà la loro reputazione. Non penso che continueranno a proteggere una persona del genere”.

Il predicatore accusato da Erdogan: “Possibile che il golpe sia stato messo in scena” – Gülen, intervistato da New York Times e Financial Times, ha assicurato però di non avere nulla a che fare con il colpo di Stato, pur riconoscendo di non poter escludere il coinvolgimento di alcuni tra i suoi sostenitori. “Il mio messaggio ai turchi è di non vedere mai positivamente un intervento militare, perché attraverso operazioni del genere non si può ottenere la democrazia“, ha detto ai reporter. Poi il dubbio: “C’è la possibilità che il golpe sia stato messo in scena (dall’Akp di Erdogan, ndr)”, ha proseguito parlando con il Ft. “E potrebbe essere il pretesto per ulteriori accuse” contro gulenisti e militari.