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Brexit, il piano di Londra: abbattere le tasse alle imprese al 15%. “Ma il Regno Unito non sarà un paradiso fiscale”

Il programma del cancelliere dello scacchiere Osborne pubblicato dal Financial Times: fisco più leggero del 5% per le aziende. Ma anche sostegno per il credito, canali commerciali bilaterali (soprattutto con la Cina) e spinta sulle opere pubbliche. L'Ocse invita alla calma: "Ci sono barriere pratiche e di politica nazionale"

Un piano di cinque punti per contrastare lo scenario negativo della Brexit. A scriverlo è stato il cancelliere dello scacchiere britannico George Osborne, in sostanza il ministro delle Finanze. E tra quei cinque punti c’è anche una decisione che potrebbe rovesciare la situazione di incertezza trasformandola in un’opportunità per il Regno Unito: portare le tasse sulle imprese al 15 per cento abbattendolo dall’attuale 20% in modo da attrarre realtà aziendali. A scriverlo è il Financial Times, che fa notare come questa mossa di dumping fiscale nei confronti degli altri Paesi europei porterebbe la Gran Bretagna su livelli simili a quelli della vicina Irlanda (dove le tasse per le imprese sono al 12,5 per cento). La paura di Osborne è lo spettro della recessione, dopo l’uscita dall’Ue. Per Standard&Poor’s “la Gran Bretagna eviterà a malapena la piena recessione, ma i rischi di uno scenario ancora peggiore sono numerosi”: l’effetto negativo di Brexit sul Pil britannico sarà dell’1,2% nel 2017 e dell’1% nel 2018  e impatterà anche sulla crescita Ue per lo 0,8% nel 2017 e 2018. Il quotidiano britannico spiega che – secondo Osborne – l’abbattimento dell’aliquota per le aziende darà un segnale agli investitori: Londra è ancora aperta al business. Tuttavia il prezzo politico sarebbe alto perché i Paesi europei non esulterebbero di certo.

Un altro pilastro del piano Osborne riguarda il supporto al credito. Nei prossimi giorni la Banca d’Inghilterra dovrà decidere se confermare l’incremento dei requisiti di capitale imposti agli istituti, tagliare i tassi per facilitare i prestiti alle imprese e mettere in piedi un nuovo schema “Funding for Lending” – accesso a liquidità agevolata da parte della Bank of England in proporzione alle erogazioni di credito – simile a quello varato nel 2012 in accordo con il Tesoro. Terzo e quarto punto: l’apertura di canali commerciali bilaterali, con particolare interesse per la Cina (il governo è già pronto a una visita ufficiale entro quest’anno). Il cancelliere Osborne chiederà al prossimo premier (Cameron si dimetterà a ottobre) di continuare a investire sul progetto della linea ferroviaria HS2 verso il nord dell’Inghilterra e su altre grandi opere pubbliche che riguardano il trasporto ferroviario. In attesa che la Gran Bretagna abbia un nuovo primo ministro Osborne precisa di non appoggiare nessuno. Al Financial Times puntualizza soltanto che il premier dovrà cercare il massimo accesso possibile al mercato europeo.

Intanto, dall’altra parte, l’Ocse sembra invitare alla calma, perché qualsiasi operazione il Regno Unito compia per attrarre investimenti non significa che diventerà un “paradiso fiscale“. In una relazione dell’organizzazione, citato dalla Reuters, si conferma che effettivamente Londra potrebbe utilizzate la libertà di cui godrà rispetto alle regole della Ue per tagliare le tasse alle imprese. Ma il responsabile del settore Fisco dell’Ocse, Pascal Saint-Amans, aggiunge che alla trasformazione in un’economia analoga a quella di un paradiso fiscale si opporrebbero barriere pratiche e di politica nazionale.