Capitoli

  1. Revisori e controllori, in Italia sono 170mila. Ma tra tangenti e crac, nel 2015 solo 7 depennati da elenchi dei ministeri
  2. BANCA ETRURIA, BUCO DA UN MILIARDO. MA IL BILANCIO ERA "VERITIERO"
  3. NEL PUBBLICO, COMPENSI TAGLIATI. E CHI DENUNCIA E' UNA MOSCA BIANCA
  4. IL CASO VENUTI. ARRESTATO PER IL MOSE, CONTROLLORE DI PADOVA FIERE
  5. LA RIFORMA POSSIBILE: ESTRARLI A SORTE. MA NESSUNO LA PROPONE
Cronaca

LA RIFORMA POSSIBILE: ESTRARLI A SORTE. MA NESSUNO LA PROPONE - 5/5

Un esercito di avvocati, commercialisti e notai è retribuito per vigilare sulla correttezza dei conti in enti pubblici e privati. Negli elenchi tenuti dai dicasteri dell'Economia e della Giustizia, in un anno solo una manciata di loro è stata "punita" in seguito a condanne e interdizioni. Nonostante i tanti casi di cronaca che evidenziano buchi nella sorveglianza. Il difetto del sistema: sono i controllati a scegliere e retribuire i controllori

Tutto normale. Si scopre così che perfino i “controllori-dei-controllori” non controllano, che al ministero delle Finanze la mano destra che verifica i requisiti di idoneità dei revisori non sa cosa fa la mano sinistra che li arresta. Epilogo: a ottobre dell’anno scorso Venuti è stato sospeso dall’ordine dei Commercialisti, colto da un tardivo sussulto e non potrà esercit​are fino al 2017. Incredibilmente, però, il suo nome è ancora oggi nel registro dei revisori legali con la dicitura “attivo”. Come nulla fosse successo. “Una cosa gravissima”, commenta Lidia D’Alessio, che oltre a fare l’assessore al Bilancio di De Luca in Campania è una stimata docente di economia aziendale, presidente del collegio dei revisori in diversi consorzi pubblici e componente della commissione centrale presso il Mef che vigila sul registro, o almeno dovrebbe.

Perfino i controllori-dei-controllori non controllano. Nonostante una “dote” da 12 milioni l’anno

La legge che disciplina la professione del revisore prevede espressamente che gli iscritti siano soggetti a un “controllo di qualità da parte del Ministero che lo esercita tramite un’apposita Commissione centrale per il Registro dei revisori tramite ispezioni, richiesta di documenti, assunzione di notizie, verifiche incrociate, audizioni personali dei singoli iscritti”. Dal Mef e dal Viminale fanno però presente che i fondi a disposizione per queste attività sono pochi, compatibili al massimo con iniziative di controllo a campione. Ma è davvero così? Ogni iscritto paga ai due ministeri un contributo obbligatorio di 25 euro l’anno a titolo di copertura delle spese di mantenimento nel relativo registro. Quindi, esiste una “dote” annuale da spendere che solo negli ultimi tre anni, per i soli revisori, ha portato all’Erario ben 12 milioni di euro. Quanto venga speso per l’attività di vigilanza non è dato sapere ma in ogni caso, se non bastano, lo si potrebbe alzare graduandolo in base al reddito professionale dei singoli iscritti, molti dei quali hanno plurimi incarichi con gettoni a molti zeri. Ma è una proposta che converrebbe a tutti (i cittadini) e a nessuno (degli interessati). E infatti nessuno, finora, si è sentito di farla.