Cervelli in fuga

Brexit, porte chiuse per i figli di nessuno. Cosa cambia per gli expat italiani a Londra

di Francesco Giubilei, Daniele Dell’Orco

Brexit ormai è realtà. In Gran Bretagna lavorano e studiano oltre 600mila italiani, dei quali si stima più di 450mila solo a Londra. Siamo, in termini numerici, una delle più grandi comunità straniere della capitale. Se la Gran Bretagna esce dall’Ue ci vorrà un visto per entrare e un permesso di lavoro per lavorare. L’ha detto chiaro e tondo Nigel Farage, il leghista in versione britannica: “Finirà il diritto automatico per i cittadini Ue di entrare in Uk”.

Il permesso di ingresso si otterrà grazie a un sistema a punti all’australiana. Ossia verranno valutate le competenze e le capacità di ogni richiedente, nonché la conoscenza della lingua inglese. Chi non passa l’esame, non entra. Questo andrà a scapito di chi viene in Gran Bretagna senza poter offrire un lavoro qualificato.

Le porte saranno sempre aperte a chi porta soldi e a chi ha brillanti carriere da offrire, si chiuderanno per i figli di nessuno che vengono in cerca di un posto da camerieresguattero o muratore. In Gran Bretagna ci sono un sacco di ristoranti italiani e si stanno sviluppando piccoli e grandi commerci di prodotti (anche alimentari) italiani che danno lavoro a tanti giovani italiani qui. I nostri prodotti saranno meno competitivi, perché uscendo dall’Ue andranno incontro a dazi doganali che li renderanno più cari. Per gli italiani in Italia invece diventeranno più cari alcuni beni e servizi legati al mercato inglese, come i farmaci, alcuni servizi finanziari, le energie rinnovabili e le auto.

Studiare in Inghilterra sarà ancora di più un privilegio da ricchi. Oggi per i cittadini europei la retta annuale di una Università è di 9mila sterline (12mila euro), mentre per gli “studenti internazionali” (cioè quelli non-Ue) è molto più alta, e varia dalle 14mila alle 19mila sterline (dai 16 ai 22mila euro). In caso di Brexit gli italiani pagheranno di più.

Saranno svantaggiati anche i ricercatori italiani, i celeberrimi “cervelli in fuga”. E’ probabile che verranno tagliati i fondi per la ricerca, perché molti vengono da finanziamenti Ue.