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Africa, il conflitto tra l’Egitto e l’Etiopia per l’acqua del Nilo

In base alle stime, entro il 2030 il mondo dovrà far fronte ad un deficit di risorse idriche del 40%.  Lo afferma il recente The United Nations World Water Development Report (2016) che, alla stessa data, sostiene che il limite globale della sostenibilità ecologica dell’acqua disponibile per il prelievo sarà superato da oltre il 50% della popolazione mondiale. Tra i paesi, già oggi, in deficit idrico vi sono i paesi arabi che ricevono soltanto il due per cento della pioggia che cade sul pianeta, posseggono meno dell’1% dell’acqua dolce superficiale, mentre le acque sotterranee disponibili, in buona parte, non sono rinnovabili. Le falde principali nel mondo arabo infatti non sono quelle che la pioggia, almeno in parte, ricarica, ma giacimenti fossili a migliaia di metri di profondità, formatisi nell’arco di centinaia di migliaia di anni che vanno considerati degli stock non accrescibili alla stessa stregua degli idrocarburi.

Nel rapporto citato si stima un fabbisogno di 1000 metri cubi annui per abitante, necessari alle attività di produzione e consumo, ma la maggior parte dei paesi arabi ha dotazioni molto inferiori che si ridurranno ancor più a causa della crescita demografica e del riscaldamento globale. Particolarmente critica appare la situazione dell’Egitto. Come spiegano gli esperti di politiche idriche del centro studi politici e strategici di Al Ahram del Cairo: “Il consumo medio pro-capite di un egiziano è di 700 metri cubi all’anno, ma, tra qualche anno dovrebbe ridursi a 500”. Complessivamente l’Egitto dispone di 55 miliardi di metri cubi che provengono dal Nilo, 5 miliardi che provengono dalle falde non rinnovabili e 1,3 miliardi di pioggia per un totale di 62 miliardi di metri cubi.

Con l’attuale crescita demografica, dai circa 90 milioni di abitanti di oggi ai 135 stimati al 2050, la situazione peggiorerà ulteriormente. Ma non è finita perché il Nilo potrebbe ridurre la sua portata nei prossimi anni per la enorme diga che l’Etiopia sta costruendo a monte, su un suo affluente, il Nilo azzurro, che sarà completata il prossimo anno. L’Etiopia, approfittando della instabilità politica che ha caratterizzato l’Egitto negli ultimi anni, ha avviato la costruzione della diga ignorando la ferma opposizione dei governi che si sono succeduti al Cairo. In realtà il grande fiume, il più lungo del mondo insieme al Rio delle Amazzoni, attraversa, nel suo corso verso il mare, 9 paesi, nella maggior parte quali le piogge sono irregolari ma sufficienti. Fanno eccezione l’Egitto e il Sudan, paesi desertici, strettamente dipendenti dal Nilo per l’irrigazione delle aree limitrofe al fiume.

Finalmente nel 2015 è stato firmato un accordo di principio tra Egitto, Sudan e Etiopia che garantisce un uso equo e appropriato dell’acqua, stabilendo delle quote per ciascun paese. Ma il problema della divisione dell’acqua resta immutato perché l’ammontare di queste quote, a tutt’oggi, è ancora oggetto di discussione tra i tre paesi. La diga etiope, va sottolineato, è dedicata alla sola produzione di energia idroelettrica, che a regime raggiungerà una potenza di 6000 megawatt, consentendo al paese di soddisfare la crescente domanda interna trasformandolo addirittura in un esportatore di energia nei paesi confinanti.

Anche se il diverso utilizzo dell’acqua potrebbe apparire non conflittuale, in realtà, in una prima fase della durata di alcuni anni, il bacino della diga dovrà essere riempito e ciò comporterà una riduzione della portata del fiume del 25%. Inoltre, come già avviene per la diga di Assuan, in funzione in Egitto da più di 40 anni, l’ enorme evaporazione del bacino idroelettrico etiope, nella stagione calda, ridurrà ulteriormente la portata del fiume.

L’Egitto, nei prossimi anni, si troverà a gestire una crisi idrica di dimensioni rilevanti, che imporrà al paese una gestione delle scarse risorse disponibili più efficace. Ciò comporterà un ammodernamento del sistema di irrigazione che massimizzi l’uso razionale dell’acqua evitando gli attuali enormi sprechi. Inoltre, dovrà anche riconvertire le proprie colture sostituendo, ad esempio quelle che necessitano di molta acqua, come il riso, con il frumento meno idrovoro, di cui, fra l’altro, il paese è un grande importatore.