Nessuna alleanza, nessun apparentamento. Ma "c'è un sentimento comune" come dice Maroni. Tutti divisi, ma con un unico obiettivo: colpire il partito del premier. In ballo ci sono Roma e Torino e il rischio "effetto Parma". Ma anche Milano. Il premio Nobel Dario Fo: "Verrebbe voglia di scegliere la destra"
Io non sono leghista, ma. Io non sono grillino, ma. Nessuna alleanza, nessun accordo, apparentamenti zero, buongiorno e buonasera. “C’è un sentimento comune”, dice Roberto Maroni, il M5s “mi ricorda un po’ quando abbiamo iniziato noi della Lega“. Ma no, interviene Sibilia del direttorio, ricordatevi che “il M5S non fa alleanze con nessuno, chi dice il contrario sa di dire cose per pura fantasia, mentre non è fantasia l’alleanza del Pd con Alfano e Verdini“. “I cittadini sono liberi” insiste Matteo Salvini, ma lui “di principio” sostiene i candidati dei Cinquestelle. “L’importante è che non votino il Pd” riprende Maroni. Perfino Brunetta che ai grillini negli anni ha urlato fascisti, filomafiosi, ora si mette in posa e spiega che “al contrario dei renziani che trasudano mediocrità, questi giovani dei Cinquestelle rappresentano una vera ventata di novità per la politica”. E’ Roma, ma sembra Livorno. E’ Torino, ma sembra Parma. Uno vale uno, tutti contro uno. In ordine sparso, ma nella stessa direzione. Marciare divisi, eccetera: si evita di citare Mao (che poi in realtà era un altro), ma la paura del Partito democratico è proprio quella. Le elezioni comunali come un entrée 4 mesi prima del referendum: se le comunali non hanno un significato politico nazionale, ce l’ha però – per volere di Renzi stesso – il voto sulle riforme costituzionali. Lo schema, da qui a ottobre, si ripeterà. Renzi come Lady Cocca: di corsa verso la meta con tutti addosso e gomitate di qui e di là. Per il momento resta prudente: “Per il ballottaggio alle amministrative dicono forse si perde, forse la destra si riorganizza, mah… Insomma…”.
Post-it numero 1. A Livorno andò così: al ballottaggio il Pd si presentò con il 39 per cento del primo turno, Nogarin aveva il 19. Buongiorno Livorno, lista di
“Votare Cinquestelle – dice Maurizio Gasparri – è l’ultima cosa che si possa fare al mondo e molti di noi non la faranno mai”. Sarà, ma se è già storia che i Cinquestelle hanno conquistato i loro 21 Comuni anche grazie a quella che loro chiamano “trasversalità” (né di destra né di sinistra, le idee sono idee e basta, la frase di Casaleggio alla quale sono più affezionati), ora si fa strada anche un significativo “viceversa” che riguarda Milano più che Bologna, dove pure il Partito democratico è uscito malconcio dalle urne.
Così perfino Dario Fo, il nume tutelare, sgancia qualche bottone: a Milano, scandisce, “non so chi voterò, sono molto perplesso, per paradosso, la voglia è quella addirittura di arrivare a votare per la destra pur di levare di mezzo uno che ha fatto tutta la campagna senza dire come ha speso i soldi, come ha realizzato la grande kermesse l’Expo e come è il debito e quanto si è perduto in questa operazione”. Dal premio Nobel all’ex ministro di Berlusconi: “Un accordo tra partiti no” spiega Brunetta. Prima di assicurare che terminerà un rinfresco per una comunione vicino ad Amalfi e poi correrà a votare scheda bianca, “un voto contro il Pd“. Unica eccezione, almeno rispetto ai centristi e alla destra, è Torino, dove il sindaco uscente Piero Fassino se la gioca con la candidata M5S Chiara Appendino. Qui l’ex governatore Enzo Ghigo e l’ex vicepresidente Roberto Rosso hanno già reso pubblici i loro apprezzamenti per Fassino. Il candidato di Forza Italia, Osvaldo Napoli, ha addirittura fatto filtrare una massima: “Tra un chirurgo esperto e un medico giovane, mi farei curare dal primo”. Salvo poi ingranare la marcia indietro e lasciare libertà di voto.