Fatti a motore

Pininfarina-Mahindra, gli eredi di Pinin vendono agli indiani per 150 milioni di euro. “Ora possiamo tornare a investire”

Il gruppo indiano acquisisce il 76% dell'azienda torinese: cambia il cda ma rimangono presidente e ad, come pure il marchio. Previsto un aumento di capitale da 20 milioni di euro

La Pininfarina diventa indiana. Il 76% della storica “carrozzeria” torinese, detenuto dalla holding Pincar, passa in mano alla Pf Holdings Bv, società di diritto olandese di proprietà di Tech Mahindra e Mahindra&Mahindra. In cambio il gruppo indiano verserà un corrispettivo di 150 milioni di euro, come previsto negli accordi sottoscritti nel mese di dicembre, prendendo il controllo dell’azienda fondata da Battista Farina nel lontano 1930. Dopo aver promosso un’opa totalitaria obbligatoria sulle azioni ordinarie Pininfarina, allo stesso prezzo (1,10 euro per azione) corrisposto in favore di Pincar.

Gli accordi prevedono anche, a fronte delle dimissioni degli attuali consiglieri d’amministrazione, la conferma dell’ad Silvio Angori e del presidente Paolo Pininfarina. Con il nuovo cda che verrà nominato dall’assemblea in programma il 3 agosto prossimo.

Si chiude un pezzo di storia dunque, e se ne apre un altro. “E’ un passaggio fondamentale per noi”, ha spiegato Paolo Pininfarina, “perché la società viene ad avere la solidità finanziaria e patrimoniale indispensabile per tornare ad investire, crescere, innovare ed essere competitiva sul mercato globale. Il tutto confermando il radicamento nel territorio in termini di governo societario, centro direzionale, competenze di stile e ingegneria, nonché marchio.”

La parola chiave, dunque, è “investimenti”. Quelli che, da sola, l’azienda torinese da tempo non poteva più permettersi. E che ora saranno invece possibili visto che, tra i vari impegni presi dal gruppo indiano c’è un aumento di capitale di 20 milioni di euro, entro la fine dell’anno. Ma anche quelli di mantenere il marchio originale e la presenza a Piazza Affari.

Si dovrebbe essere preoccupati, per un altro pezzo da novanta (Lamborghini, Ducati…) dell’Italia motoristica che se ne va? Non necessariamente. Basti pensare al precedente della Tata, che ha preso il controllo del gruppo Jaguar-Land Rover risanandolo economicamente e mettendolo in condizione di rilanciarsi, ma senza intromettersi nelle questioni tecniche e di prodotto. I risultati sono gli occhi di tutti. Se alla Mahindra saranno altrettanto lungimiranti, per la Pininfarina c’è futuro.