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L’Iran non cambia. ‘Squadre per la moralità’ a caccia delle donne troppo occidentali

L’Iran ci sta deludendo. Come quei grandi amori, nei quali si investono sogni e speranze, ma che finiscono all’improvviso e tu realizzi di aver investito a vuoto. Abbiamo tutti creduto e sperato nel nuovo presidente Hassan Rohani, abbiamo dato credito alle promesse fatte in campagna elettorale e con il successo degli accordi sul nucleare, eravamo certi che l’Iran potesse cambiare. Le aperture internazionali e l’uscita dall’isolamento hanno indotto a sperare in un graduale e costante processo di cambiamento.

Ma, ad oggi, tutto è come prima. Il presidente Rohani, giustamente, seguendo il principale bisogno del paese, ha dato la priorità all’economia ma al momento a parte qualche contratto firmato, di concreto c’è ben poco.

Ci aveva illuso che avrebbe migliorato la condizione giovanile e soprattutto quella delle donne, ad oggi condizioni queste rimaste invariate. Si era addirittura ipotizzato un Ministero al femminile anni fa, che resta solo un miraggio. La situazione odierna appare sempre più drammatica. Le donne in Iran, malgrado i grandi sforzi compiuti, dopo la Rivoluzione Islamica del 1979, sono ancora sotto assedio.

Siamo stati abituati per anni ad una propaganda mediatica negativa nei confronti dell’Iran, troppo spesso volutamente manipolata. Chi conosce bene l’Iran sa che frequentemente, al di là della notizia, operano dinamiche che servono a screditare il paese. La delusione però arriva quando realizzi che la realtà è proprio quella che si racconta sui media. Ti chiamano le amiche iraniane, ti chiedono aiuto e tu non sai come poterle aiutare perché a parte parlarne non c’è molto altro da fare.

Ancora oggi, l’Iran un paese di 80 milioni di abitanti di cui il 70% sotto i 40 anni, si ritrova a vivere quotidianamente sotto restrizioni. Non puoi vestire come vuoi, non puoi esprimere i tuoi pensieri qualora siano in disaccordo con il potere. Le donne, seppur il 60% iscritte alle università, sono ancora penalizzate in molti settori. Non possono cantare in pubblico, non possono accedere allo stadio, non possono viaggiare senza il consenso del padre o del marito. Da sempre difendo le donne iraniane e la loro realtà dagli attacchi esterni perché conoscendole ho scoperto in loro una forza e una intelligenza per le quali non meritano l’etichetta di ‘donne sottomesse’. Malgrado le restrizioni vigenti, sono riuscite a conviverci dignitosamente. Ma è giusto tutto questo?

Le ultime cronache ci raccontano di modelle arrestate per aver postato foto sul social Instagram senza velo, rischiando il carcere insieme ai loro truccatori e a chi le ha fotografate. Da qualche mese, vigilano per le strade di Teheran circa settemila agenti sotto copertura dietro il nome ‘squadra per la moralità’. Fermano e controllano che i veli delle donne non siano indossati in maniera diversa da come le autorità esigono. Girano da giorni sul web, foto di donne pronte a radersi i capelli pur di protestare contro l’uso forzato del hijab.

In questi giorni, la polizia morale sta controllando i ‘beauty saloon’ e i centri estetici scrutando se ci siano poster con donne senza velo. Di poster di donne senza velo, nei centri estetici, ovviamente ce ne sono tantissimi. La polizia li ha fatti chiudere con la banale motivazione, se non ridicola, di avere ‘standard troppo occidentali’. Ci hanno sempre detto che Hassan Rohani non può interferire in quelle che sono le restrizioni per la popolazione e sembrerebbe che quest’ultimo giro di vite sulle donne in Iran, sia proprio un attacco da parte dei conservatori per ostacolare le aperture occidentali volute dal Presidente. Chissà se è vero tutto questo? C’è chi ipotizza che, alle prossime elezioni presidenziali, il potere internazionale conquistato da Rohani potrebbe venire meno e si prospettano scenari inquietanti, come il ritorno degli ultraconservatori al potere.

Nessuno vuole ripercorrere la situazione del 2009, quando con la seconda elezione di Ahmadinejad si era parlato di brogli elettorali. Nessuno vuole rivivere, come la sottoscritta, la paura di una repressione sulla folla che urlava per la propria libertà, soffocata con la forza e con le armi. Una parte del popolo sta vivendo in Iran una delusione dopo l’altra negli ultimi quindici anni. Dall’ex presidente Khatami che auspicava un dialogo tra le civiltà, che aveva promesso grandi aperture al suo popolo mai arrivate agli otto anni di presidenza di Ahmadinejad, forse i più bui della storia dell’Iran. Ora siamo davanti alla delusione di Rohani. Nulla o quasi in Iran è cambiato, e quel poco non è sufficiente. Ora c’è solo un popolo fatto di persone colte, intelligenti e motivate ma sempre più stanco da questo non cambiamento. Possiamo solo sperare che questo grande popolo e le donne in particolare, prima o poi prendano il coraggio di richiedere e ottenere seppur a forza i propri diritti.