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Ttip, le parole del ministro Calenda stridono con il concetto di democrazia

Che nell’Unione Europea gli stati nazionali siano considerati come fumo negli occhi, è una storia alquanto vecchia. Ora non si va nemmeno tanto per il sottile e ci viene detto chiaramente in faccia dai suoi stessi apologeti. L’ultima sortita contro la democrazia parlamentare viene proprio dal ministro dello Sviluppo Economico Carlo Calenda, che critica il ruolo dei parlamenti nazionali, giudicati come degli ostacoli nell’approvazione del Ttip, il trattato di libero scambio con gli Usa. Il Ttip per prendere vita ha bisogno dell’approvazione dei parlamenti nazionali di tutti e 28 gli stati che appartengono all’Unione Europea, e una sola mancata ratifica del trattato, mette a rischio l’esecuzione dello stesso per tutti gli altri stati che hanno aderito. La preoccupazione del ministro Calenda è quella che di tanto in tanto la democrazia e la costituzione facciano il loro mestiere e che, in un improbabile caso, il parlamento italiano a maggioranza Pd decida di non aderire al Ttip.

Un’eventualità che ci sentiamo di escludere, dal momento che se c’è un parlamento pronto a votare questo trattato, è proprio quello dell’attuale legislatura. Ma, a quanto pare, all’ineffabile ministro non basta nemmeno questo. Vuole avere la certezza che il Ttip vada in porto, e propone, per giunta, una sorta di trasferimento dei poteri e delle prerogative parlamentari, a quella che gli euristi chiamano “governance europea”. In altre parole, dice Calenda, sia la Commissione Europea ad approvare e ratificare direttamente questo trattato, e si superino le noiose e lente procedure di approvazione degli stati nazionali. Il problema, per il neo-ministro, nasce dall’invadenza degli stati che vogliono tornare a fare gli stati e “per questo vogliono tornare ad avere un peso sempre maggiore nella decisione e anche un po’ nella negoziazione di questi accordi”.

Semplicemente inaccettabile per coloro che hanno già preso questa decisione per i popoli europei. Si va avanti nell’integrazione europea, sempre per il migliore interesse dei suoi cittadini, ma quando si tratta di decidere se questa sia o meno la strada condivisa da tutti i popoli degli stati membri, si preferisce non interpellare la loro volontà . Da non dimenticare che la maggior parte delle informazioni a disposizione sul Ttip non sono giunte dalle fonti ufficiali istituzionali europee, ma sono state pubblicate su siti e giornali indipendenti che hanno perforato la cappa di segretezza che avvolge questi negoziati. Come ha dichiarato recentemente Laura Boldrini, i deputati italiani potranno leggere “con alcuni limiti” i documenti del Ttip in una apposita reading room allestita presso il Ministero delle Sviluppo Economico. Quanta grazia!

Se persino un passaggio doveroso ed obbligato come quello parlamentare viene considerato come un intralcio, cosa dovremmo aspettarci nei confronti di quei deputati, con l’augurio che ci siano, che denunceranno pienamente gli effetti del Ttip? Giacomo Russo Spena, giornalista di Micromega, discettava lo scorso sabato sul fatto che la costituzione fosse morta perché sfilava per le strade Casapound. Bene, al di là di come la si pensi su Casapound, la cosiddetta intellighenzia di sinistra che parla di morte della costituzione, si dimentica puntualmente di citare il fatto che la costituzione italiana è sospesa dal 1992, quando venne approvato il Trattato di Maastricht, agli antipodi per le sue previsioni economiche e giuridiche rispetto alla nostra carta. Ora, se dovesse essere approvato il Ttip, la costituzione (ulteriormente sfigurata dalla riforma Boschi) passerebbe sul serio a miglior vita, ed entrerebbe in scena un sistema politico ed economico che sottomette totalmente gli stati agli interessi delle multinazionali.

Soprattutto l’Ue diverrebbe un mercato di sbocco delle imprese americane e non viceversa, come ripeteva uno spot Rai di qualche tempo fa, dal momento che la parità di cambio tra euro e dollaro non sarà raggiunta nemmeno quest’anno, come hanno già dichiarato numerosi analisti, e un euro forte farebbe dell’Ue un importatore dei prodotti americani, che inonderebbero i mercati europei. Non solo ci sarebbero gravi conseguenze economiche per l’equilibrio della bilancia dei pagamenti, ma anche di carattere sanitario ed ambientale, quando i prodotti americani vengono sottoposti a standard sanitari ed ambientali, molto meno severi di quelli dei loro omologhi europei. Oltre a saltare i controlli di accesso al mercato europeo, verrebbero privatizzati quei pochi settori rimasti nelle mani del settore pubblico, come quello sanitario europeo che fa gola alle compagnie assicurative americane. In una parola, l’armageddon della costituzione e la nascita di un vero e proprio Leviatano, che non risponde né ai popoli né agli stati, ma solo ad una ristretta élite di industrie transnazionali. Se non è questa una forma di totalitarismo, non si sa davvero come altro definirla.