Calcio

Serie A, i flop del campionato italiano: da Pancev a Dzeko, passando per Ian Rush, Jardel e Stoichkov – Fotogallery

Mai Dire Gol li chiamava fenomeni parastatali. Rivaldo al Milan alterna colpi di genio e pause di riflessione, e d'Oro vince solo il Bidone della trasmissione Caterpillar. Mendieta pagato 97 miliardi senza mai entusiasmare. Per non parlare dell'involuzione di Ranocchia, Balotelli e Felipe Anderson

La mitica trasmissione Mai Dire Gol li chiamava fenomeni parastatali. Erano quei presunti campioni che, arrivati nel campionato italiano accolto come messia, a fine stagione lasciavano mestamente la Serie A dopo avere offerto prestazioni al di sotto della decenza. Con la consueta cattiveria, la Gialappa’s Band alternava nel montaggio i titoli trionfalistici della stampa specializzata al momento di annunciare il loro acquisto con le peggiori nefandezze commesse in campo: gol sbagliati, rovinose cadute, corse a vuoto e controlli di palla mancati. Idolo indiscusso della trasmissione Darko Pancev: arrivato all’Inter dalla Stella Rossa, con cui aveva vinto la Coppa dei Campioni e la Scarpa d’Oro, piazzandosi secondo nel Pallone d’Oro, in due stagioni in nerazzurro segna un solo gol. E da Cobra si trasforma in Ramarro. Pancev non è certo stato l’unico, anzi. Per due campioni che il Pallone d’Oro lo hanno addirittura vinto, come Stoichkov e Rivaldo, la Serie A si è trasformata in un incubo: svogliato e fuori forma, il bulgaro resiste solo un anno a Parma; il brasiliano al Milan alterna invece colpi di genio e pause di riflessione, e d’Oro vince solo il Bidone della trasmissione radiofonica Caterpillar.

In principio fu Luther Blissett. Arrivato nel neopromosso Milan nei primi anni Ottanta, con le prime infornate di stranieri dopo la riapertura delle frontiere, diviene un idolo suo malgrado per la quantità e la qualità dei gol sbagliati. Anni dopo, un collettivo di agitatori culturali ne intravede il potenziale sovversivo – evitare di segnare gol per sabotare il capitale – e decide di assumerne il nome per le sue scorribande mediatiche. Senza diventare nome de plume, medesima sorte calcistica tocca a Ian Rush: macchina da gol infernale a Liverpool, con cui vince tutto, lascia la Juventus che lo ha pagato a caro prezzo dopo un solo anno, con pochi gol e molti più certificati medici. Da Gresko (gli autogol del 5 maggio 2002) a Perdomo (“il mio cane gioca meglio”, disse Boskov), da Mendieta (pagato 97 miliardi di lire dalla Lazio) a Jardel (peso forma da lottatore di sumo), da Vampeta (a Milano si diverte ovunque tranne in campo) a Renato (uguale, ma a Roma), da Zavarov (le aperture post-sovietiche della Fiat) a Borghi (il pupillo di Berlusconi), l’elenco degli stranieri bidoni è infinito. Per altri invece, vista la carriera una volta lasciata l’Italia tra le pernacchie, è stata evidentemente la Serie A a non esserne all’altezza. Tra loro, giusto ricordare almeno Bergkamp, Kluivert, Henry e Van der Saar.

Arrivando al presente, sulla scia dei mitologici Luther Blissett e Darko Pancev ecco stagliarsi la figura di Edin Dzeko: emarginato alla Roma da Spalletti, difficile che anche lui resista in Italia più di una stagione, quella appena trascorsa. Dopo avere segnato una raffica di gol con la nazionale bosniaca, e con Wolfsburg e Manchester City, portandole entrambe allo scudetto, arriva nella capitale con la nomea di killer implacabile, nonostante un’ultima stagione non prolifica in Inghilterra. Le statistiche non sono nemmeno così malvagie (8 gol su 31 partite) ma è l’orribile collezione dei suoi errori sottoporta a designarlo come fenomeno parastatale della Serie A 2015/2016. Sul podio anche Geoffrey Kondogbia, arrivato all’Inter come giocatore più pagato del mercato dopo Dybala, anche per il derby col Milan in sede di trattativa, il francese è un fantasma. L’opinione di chi scrive è che vada aspettato, ma la stagione passata è stata indecente. Con loro anche Hernanes. Unico neo dell’ottima stagione juventina, ha ancora due anni di contratto ma è difficile che li passi a Torino.

Non è un nuovo acquisto, ma la stagione di Felipe Anderson alla Lazio è stata così sottotono che il prezzo di mercato del brasiliano è drasticamente crollato. Mentre per il giapponese Honda va fatto il discorso inverso, le sue deludenti prestazioni al Milan fanno sì che non porti più quegli introiti pubblicitari che prima assicurava. E con il Milan si aprono anche i cahiers de doléances dei flop italiani. In prima pagina, tra i nuovi arrivati, i due più strombazzati acquisti dell’estate rossonera Bertolacci e Romagnoli: costati ben oltre 50 milioni. Il centrocampista ha dimostrato carenze di personalità, oltre che tecniche, che lo rendono inadatto ai grandi palcoscenici; il giovane difensore, arrivato con la qualifica di “nuovo Nesta“, ha finito la stagione con una media voto straziante di 5,68 sulla Gazzetta dello Sport, quotidiano più che amico. Per tacere di Balotelli. Pagato nulla, nulla ha fatto in campo: nemmeno un gol su azione. Indecente anche l’involuzione che ha colpito Ranocchia, cominciata all’Inter è continuata senza appello anche alla Sampdoria. Male anche Valdifiori all’impatto con il San Paolo, nonostante sulla panchina del Napoli ci fosse il suo mentore Sarri. Italiano è anche il tecnico peggiore. Dopo il 5-0 finale con la Juve che ne sintetizza la pessima stagione, la media punti di Vincenzo Montella sulla panchina della Sampdoria è un laconico 0,92 a partita.

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