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Hacking Team: il governo conferma la revoca dell’autorizzazione globale del software spia, ma tace su Egitto e Regeni

La notizia anticipata da ilfattoquotidiano.it e rilanciata da Washington Post e Spiegel. E finita anche in Parlamento con una interrogazione. Il sottosegretario Scalfarotto: “D’ora in poi l’azienda dovrà richiedere il via libera alle esportazioni di volta in volta nei Paesi extra Ue”. Ma la deputata Galgano (Sc) aveva chiesto anche a quale organizzazione egiziana fosse destinato il sistema. E se sia stato usato contro il ricercatore friulano assassinato. Senza ottenere risposta

Tutto confermato. Come ilfattoquotidiano.it aveva anticipato in un articolo del 6 aprile, rilanciato nei giorni seguenti dal Washington Post negli Stati Uniti e dallo Spiegel in Germania. Il ministero dello Sviluppo economico “in relazione alle mutate condizioni politiche”, in alcuni dei Paesi di destinazione, “ha comunicato all’impresa Hacking Team che al posto della autorizzazione globale individuale, che è stata, pertanto, revocata, dovrà ora, nel qual caso intendesse esportare i propri prodotti duali in Paesi terzi alla Ue, utilizzare lo strumento dell’autorizzazione specifica individuale”. Lo ha chiarito il sottosegretario Ivan Scalfarotto rispondendo ad un’interrogazione della deputata Adriana Galgano di Scelta civica, relativa ai rapporti tra l’azienda guidata da David Vincenzetti e l’Egitto, che compariva nell’elenco dei 46 Stati verso i quali era stato concesso dal Mise alla società di cybersecurity con sede a Milano il via libera alla commercializzazione del Remote control system ‘Galileo’, il sistema che consente di spiare a distanza dati e informazioni che transitano su computer e smartphone.

GIALLO REGENI – Scalfarotto ha inoltre chiarito che, dal momento della revoca della globale (scattata il 31 marzo scorso), “le successive esportazioni di beni dual use (utilizzabili in ambito sia civile sia militare, ndr) che la citata società volesse realizzare nel futuro, potranno essere conseguite solo se rilasciate su parere del comitato consultivo emesso di volta in volta, sulla base di uno specifico ordine o contratto”. Quanto all’Rcs Galileo, nella sua interrogazione, la Galgano spiegava che i suoi sistemi di controllo “permettono di monitorare le comunicazioni degli utenti internet, decifrare i loro file e le loro e-mail criptati, registrare le conversazioni telefoniche, Skype e altre comunicazioni Voice over IP, attivare a distanza microfoni e videocamere sui computer presi di mira, tenere sotto controllo telefoni cellulari (telefonate, rubriche, sms, spostamenti, calendari eccetera), leggere e rilevare anomalie nel mondo dei social network”. Riproponendo il sospetto che uno di questi sistemi possa essere stato usato per tenere sotto controllo Giulio Regeni, il ricercatore italiano ucciso in Egitto. Paese che figura, aggiungeva la deputata di Sc, “nella lista dei 46 Stati verso i quali la società italiana Hacking Team (che nel luglio scorso ha subito l’intrusione illegittima e la divulgazione di 400 gigabyte di file riservatissimi) aveva ottenuto, il 3 aprile 2015, il via libera alla commercializzazione del software” e “da due mesi teatro di un durissimo braccio di ferro con l’Italia che pretende chiarimenti sull’omicidio del giovane”.

DESTINATARI SCONOSCIUTI – Per questo la Galgano chiedeva di sapere anche se il Mise “abbia approfondito a quale organizzazione governativa egiziana fosse destinato il software e se esistano elementi per escludere che esso sia stato usato, in qualche modo, contro Regeni”. Domanda, quest’ultima, rimasta però incredibilmente senza risposta. Anche tenuto conto che i beni dual use possono essere collegati alla proliferazione delle armi di distruzione di massa. “Evidenzio che essendo l’autorizzazione rilasciata di tipo globale individuale, quest’ultima, non prevede un approfondimento preventivo sull’end user (l’utilizzatore finale, ndr) da parte dell’Autorità che emette il provvedimento autorizzativo”, ha spiegato Scalfarotto. Cioè, l’autorizzazione sarebbe stata rilasciata senza sapere a chi materialmente il software era destinato (governo, polizia, esercito, servizi segreti, eccetera) tanto in Egitto quanto negli altri 45 Paesi inclusi nella globale concessa ad Hacking Team. Tuttavia il neo sottosegretario allo Sviluppo economico ha tenuto a precisare che “ogni autorizzazione che viene rilasciata” dal Mise “per l’export dei beni dual use tecnology deve essere accompagnata da un parere favorevole sulle medesime autorizzazioni, del Comitato consultivo” composto “dai rappresentanti del ministero degli Affari esteri, dell’Economia e delle finanze, della Difesa, dell’Interno, dell’Istruzione università ricerca, della Salute, dell’Agenzia delle dogane e dello sviluppo economico”. Dimenticando però di aggiungere un ulteriore dettaglio: il parere del Comitato (come previsto dal decreto legislativo 96 del 2011, citato dallo stesso Scalfarotto nella sua risposta), è “obbligatorio ma non vincolante”. L’ultima parola, quindi, spetta sempre al Mise.

DIRITTI VIOLATI – Secondo il sottosegretario, infine, “la presenza di rappresentanti delle citate Amministrazioni consente di avere uno spettro di valutazione molto completo e relativo ad ogni aspetto dell’operazione di esportazione medesima, compreso il rispetto dei diritti umani”. Di cui l’Egitto, al pari di molti altri inclusi nella lista dei 46, non è certo un esempio per il mondo civile. Non a caso, stando al Rapporto di Amnesty International, dall’insediamento del presidente Abd al-Fattah al-Sisi avvenuto l’8 giugno 2014, la già preoccupante situazione dei diritti umani è andata progressivamente deteriorandosi. Un particolare che, evidentemente, al Mise deve essere sfuggito quando il 3 aprile 2015 rilasciò l’autorizzazione globale, poi revocata, ad Hacking Team.

Twitter: @Antonio_Pitoni