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Macedonia, il cerchiobottismo che fa male alla storia e alla cronaca

Va di gran moda il politicamente corretto, ma quando si fa cronaca di dati storici e di cambiamenti sociali è non solo un errore macroscopico, ma il primo sintomo di un cancro nella comunicazione. Che va combattuto senza polemiche ideologiche: solo con fatti e domande. Le rivendicazioni territoriali e i falsi storici trovano ettolitri di fertilizzanti in chi, per convenienza, evita giudizi netti e persegue una logica appiccicaticcia e da volemose bene in perfetto equilibrismo da Prima Repubblica. Il caso della Macedonia sta lì dimostrarlo in tutta la sua evidenza, con le commistioni dannose tra media e politica.

Per cui poche righe, se non nessuna, sono state scritte negli anni su quello che era l’obiettivo originale di annessione della vera Macedonia, una regione della Grecia: la geopolitica, con in premio un vettore sulla via mediorientale e caucasica. A Skopje viene venduto un caffè con l’etichetta di “Pella”. Dove si trova Pella? Vicino Salonicco e non altrove, nell’antica regione della Bottiea in Macedonia, che ha dato il nome all’attuale prefettura. Nasce dal dialetto dorico: la parola Apella corrispondeva a quel sito dove si prendevano le decisioni. Infatti fu sede dell’impero di Filippo II e Alessandro Magno, due personaggi di cui Skopje si è impossessata con la buffonata della statua di Alessandro rivolta provocatoriamente verso la Grecia.

Un po’ come fatto dai turchi sull’isola di Cipro, membro dell’Ue, che hanno abusivamente occupato dal 1974 spaccandola in due, e che sul monte che si affaccia sulla capitale Nicosia hanno srotolato una bandiera con la mezzaluna e la scritta: “Di qui non ce ne andiamo”, nonostante abbiano distrutto tutti i luoghi di culto non musulmani, come il cimitero maronita di Tersìa, mentre chiese cristiane e ortodosse sono state trasformate in bordelli e stalle, che io stesso ho fotografato visitando in incognito i territori occupati.

Ma tornando alla querelle macedone, non solo nessuno ha perseguito “il ladro” in questo caso, con i governi greci assolutamente deboli nel gestire la pratica, visto l’appoggio in loco di Onu e Usa, con molti denari che si intrecciano pericolosamente nella zona e nell’etere. Ma si registrano anche prese di posizione pretestuose che non rispondono a semplici domande: perché a Skopje nessuno ferma la riscrittura della storia? Perché l’appello di duecento scienziati e archeologi è rimasto lettera morta e i media europei fanno finta che non esista, anzi contestano chi se ne occupa? Il progetto Skopje 2014 con l’ellenizzazione architettonica della città è anch’essa frutto delle fantasie di chi fa giornalismo non fazioso?

Non va dimenticato che l’obiettivo di Tito era di annettere la vera Macedonia e in questo modo ottenere uno sbocco diretto nel Mar Egeo. Per questo motivo nelle scuole di Skopje troneggiano mappe che mostrano la “vera Macedonia” secondo loro che si estenderebbe, secondo la strampalata versione, fino al Monte Olimpo che come tutti sanno è da millenni su suolo greco. O forse qualche penna liberal-cerchiobottista vuole fare zero e zero anche su quello?

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