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Attentati Bruxelles, cosa pensano i giornali arabi

Senza voler fare una rassegna stampa completa, mi sembrava interessante cercare di capire come si sono posizionati i vari Stati del mondo arabo-musulmano di fronte alla tragedia di Bruxelles attraverso i maggiori quotidiani nazionali. Il giudizio di condanna del terrorismo che si richiama all’Isis è unanime e i giornali hanno seguito con dovizia di particolari le varie fasi degli attentati. E’ superfluo percorrere in maniera pedissequa la stampa, quello che mi sembra interessante è cercare di capire, al di là della cronaca, quali messaggi i giornali veicolavano. Era ovvio che di fronte a tanta violenza si levasse una voce ufficiale e unanime di condanna ma allo stesso tempo ci possiamo chiedere: basta questa presa di posizione ufficiale a rispondere alla nostra domanda iniziale? Certamente no.

Il primo ministro turco, ad esempio, Ahmet Davutoglu e il portavoce del presidente Tayyp Erdogan, hanno espresso sdegno e hanno fortemente condannato gli attentati, ma allo stesso tempo, il presidente non ha mancato di sottolineare che uno degli attentatori suicida, di cittadinanza belga, era già stato imprigionato in Turchia nel giugno del 2015 perché sospettato di essere un terrorista, ed era stato estradato in Olanda e che quindi anche il Belgio doveva sapere di chi si trattava, mentre era stato rimesso in libertà. Queste dichiarazioni sono state riprese da molti giornali, Al Ahram ad esempio, che hanno sottolineato abbondantemente, le carenze del servizio di sicurezza belga. Un aspetto della questione ripreso anche dalla stampa scritta e dalla televisione italiana.

Vi è un altro elemento che contraddistingue l’atteggiamento della stampa araba a proposito dell’Isis, di Al Qaeda e più in generale del terrorismo. Se ne parla, se ne discute come un fenomeno che i vari paesi sono costretti a subire, ma questo non è sufficiente a creare una complicità tra le due rive del Mediterraneo, per una più proficua collaborazione, ad esempio, tra le polizie e l’intelligence. Il risultato che si assisterà ad un incremento dei partiti di destra che faranno dell’islamofobia il loro cavallo di battaglia.

A questo proposito si deve sottolineare l’enorme sforzo delle comunità islamiche di casa nostra, come il Centro Islamico Culturale d’Italia, il cui Segretario Generale, Abdellah Redouane ha sottolineato in questa circostanza e in altre, che il terrorismo va contro ogni religione e ha chiamato tutti a lottare contro la barbarie e la violenza. Una posizione che tenta di far fronte all’ondata di islamofobia che immancabilmente caratterizza l’indomani di tali attacchi terroristici. Anche il giornale inglese The Independent ha pubblicato uno speciale di lettere da cui risulta la preoccupazione per le ondate islamofobiche, anche se si spiega che la furia omicida degli attentatori non fa distinzioni tra cristiani, buddisti o altro e musulmani.

Poi vi è la galassia di quanti, tra i giornali, scrivono che in Occidente non si riesce a dare lo stesso spazio necessario e aggiungerei, non si esprime la stessa commozione quando le vittime del terrorismo sono musulmani dei paesi arabi sottoposti alla violenza del terrore. E’ l’analisi che fa il blog tunisino Nawaat che esprime il suo cordoglio per le vittime di Bruxelles mentre sottolinea, con cognizione di causa, gli attacchi a cui è stato sottoposto il suo Paese. Questa posizione che ci spinge ad equilibrare i nostri giudizi, senza nulla togliere  all’emozione e al dolore, la si riscontra in molti articoli, alcune volte in maniera velata altre in maniera esplicita come fa il giornale algerino Al Watan che riporta la condanna netta dello  stato per gli attentati di Bruxelles e allo stesso tempo si domanda perché nel 1992 quando ci furono gli attentati all’aeroporto di Algeri rari furono i paesi che condannarono quegli atti barbari e sanguinosi perpetrati dal GIA (Gruppo Islamico Armato). E continua sostenendo che gli algerini furono lasciati soli a combattere il terrorismo del FIS (Fronte Islamico di Salvezza) che ha fatto 200.000 morti. Gli atti di terrorismo che interessano anche oggi l’Algeria sono poco appariscenti perché poco mediatizzati, ma i jihadisti operano quotidianamente e quindi, secondo il giornale, abbiamo bisogno di unire le nostre forze perché come l’Occidente è sotto attacco ad opera  dell’Isis o di Al Qaeda o di altri gruppi di ispirazione wahabita anche i paesi arabo musulmani non sono esenti da tale violenza.