Cultura

‘Trans – Storie di ragazze XY’: il diritto a essere quel che si è

Non avrebbe potuto trovare un posto migliore, Monica Romano, per presentare il suo libro: La Casa dei diritti di Milano, uno spazio di tutti per i diritti di tutti. Lì, nella bella sala del Comune in pieno centro città, questa signora bionda dai modi eleganti e dalla voce suadente ha aperto al mondo una finestra sul proprio mondo: quello di Trans – Storie di ragazze XY, come recita il titolo del suo mémoir edito da Mursia. Un racconto appassionante sul percorso che la stessa Monica e altri suoi compagni e compagne di viaggio hanno affrontato per incarnarsi in colei-colui che sapevano di essere anche se non corrispondevano all’immagine che lo specchio rimandava loro. Un percorso accidentato, ricco di umiliazioni, dolore, sconforto. Ma anche di amore, solidarietà, orgoglio.

A 37 anni Monica è una donna realizzata, con un lavoro qualificato e un una laurea in Scienze Politiche. La sua tesi sulla discriminazione nel mondo del lavoro delle persone transgender è stata pubblicata nel saggio Diurna. La transessualità come oggetto di discriminazione. Un testo per addetti ai lavori, il cui linguaggio accademico non consentiva di raggiungere lettori comuni. Ecco allora la scelta di raccontare dall’interno la storia di una persona transgender, che non è (solo) Monica ma le molte altre incontrate nel suo viaggio, tutte racchiuse in Ilenia: l’io narrante che confusamente, durante l’adolescenza, capisce che cosa non è ma ancora non sa che cosa vuole essere, un ragazzino effemminato preso di mira dai compagni di scuola bulli, quindi un giovane uomo che tenta con sempre maggiore difficoltà di mascherare i segni sempre più evidenti di una mascolinità che non gli appartiene. E le notti di falsa libertà al Nuova Idea, la discoteca milanese dove finalmente Ilenia e le altre indossano i panni di femmine che non possono esibire a scuola o all’università.

Ma insieme all’ebbrezza dei tacchi e del rimmel, l’umiliazione di essere desiderate e insieme derise da uomini “veri” che poche ore dopo rientreranno nelle loro regolamentari famiglie “naturali”. E poi la presa di coscienza che si può essere “trans” senza perdere la dignità, anzi rivendicando il proprio diritto a essere quel che si è, anche qualcosa o qualcuno che non si conosce, non necessariamente definito. Quindi le lotte politiche e la fondazione dell’associazione La Fenice – Transessuali e transgender Milano.

Se è oggi una persona serena, appagata, fidanzata (con una donna), oltre che punto di riferimento per chi si trova ad affrontare la transizione da un genere all’altro (continua ad essere attivista nel movimento per i diritti LGBT ), Monica lo deve alla sua determinazione ma anche al sostegno totale e affettuoso di una donna eccezionale: sua madre, sempre e comunque accanto a lei, che si trattasse di difenderla da insulti o aggressioni, di insegnarle a usare il rimmel, di accompagnarla in ogni tappa del suo difficile viaggio.