Politica

La Sardegna, le basi, la guerra

Tre perquisizioni, due persone iscritte nel registro degli indagati per “vilipendio delle forze armate e diffusione di documenti militari non riservati”. Ecco come la magistratura tasta il polso al movimento per la pace a Cagliari ai primi di marzo, con una iniziativa che ha le caratteristiche dell’inconsistenza e della intimidazione. Il documento militare non classificato (ossia riservato), ma considerato “ad uso interno di ufficio” è il calendario delle esercitazioni nei poligoni militari della Sardegna.

E’ uno dei segreti peggio custoditi della storia: quei documenti sono nella disponibilità di capitanerie, marinai, aviatori, amministrazioni comunali e, comunque, di chi ne faccia richiesta nei modi dovuti.

Esattamente come ho fatto, con una richiesta di accesso agli atti, specificando addirittura nella motivazione la necessità di “diffondere quei documenti presso i soggetti politici impegnati nella lotta contro le basi militari” senza che, alla consegna, venisse suggerita alcuna precauzione per la diffusione.

Eppure il quotidiano locale (Unione Sarda del 7 marzo), riferendo indiscrezioni provenienti della procura, aveva riferito di una caccia spietata alla talpa che si anniderebbe nel Co.mi.pa., ossia nel comitato paritetico sulle servitù militari, organo nel quale la Regione dovrebbe stare (ma lo fa con scarso impegno) per difendere gli interessi dei Sardi, magari diffondendo date e dati per attività che, oltre ad occupare enormi fette di territorio (il 60 per cento delle servitù militari sono in Sardegna) creano gravi danni alla salute delle popolazioni contigue. Le esercitazioni limitano fortemente le attività economiche tradizionali (allevamento  e pesca, con compensazioni economiche che non vengono liquidate da sette anni). Il Co.mi.pa., nel caso si esprima in modo contrario alle esercitazioni, viene regolarmente scavalcato da un decreto del ministro della Difesa.

Le accuse rivolte agli attivisti hanno tutto il sapore di una reazione intimidatoria alle ultime, riuscite iniziative del movimento antimilitarista sardo, e ad una opinione pubblica sempre più  convinta dell’altissimo e ingiustificato prezzo pagato dai sardi attraverso le servitù militari.

I componenti del Co.mi.pa. Paritetico non hanno diffuso i documenti in loro possesso, né lo hanno fatto singoli compagni e patrioti che del Co.mi.pa. Noi l’abbiamo fatto.

Non lo hanno mai fatto nemmeno i tanti consiglieri regionali, spesso in pubblico con bandiere con i quattro mori o con falci e martelli, che avrebbero potuto e dovuto chiedere quei documenti e renderli pubblici ai sardi. Perché?

Pretendiamo un futuro diverso per la Sardegna e per i sardi. Pretendiamo la riconversione di quelle aree: neanche un posto di lavoro deve andare perduto dalla dismissione dei poligoni.

Da sessanta anni la Sardegna è una gigantesca portaerei Nato, col benestare di tanti politici. Il risultato è stato fame e miseria. Senza contare che armiamo caccia che ammazzano bambini e vecchi. Senza contare che abbiamo inquinato la nostra terra ed il nostro popolo.

Ita faeus, abarraus diaci o si furriaus?
(Cosa facciamo, rimaniamo così o ci solleviamo?)