Donne di Fatto

8 marzo, non sia una ulteriore occasione per lapidare le donne

BkDZPcIIcAELIlc

Dell’otto marzo penso che non sia neppure questa gran cosa. Quel che però osservo, ogni anno, è il cumulo di stereotipi offensivi di chi approfitta della data per lapidare donne un po’ ‘a muzzo’. Una pietra contro quelle che non vogliono le mimose “perché se non accettate un fiore allora odiate gli uomini”. Una pietra contro quelle che vanno a vedere l’uomo che si spoglia, perché “siete cagne che per un giorno mettono le corna ai mariti… volete la libertà di fare le zoccole”. Una pietra a chi dice, invece, che il business dell’otto marzo non ha niente a che fare con le lotte delle donne o a chi reagisce male quando le dicono che “dovreste apprezzare la libertà di lasciare figli e doveri ai mariti” per quel giorno.

E poi ci sono le pietre di chi pensa di star celebrando bene la giornata rappresentando le donne come martiri, piene di lividi o solo in attesa di essere salvate. Perciò, più che celebrare le donne, si celebrano gli atti di eroismo che gli uomini compirebbero per salvarci. Una pietra è dedicata alle donne che non accettano l’interpretazione razzista sui fatti di Colonia. E parlo di chi si è accorto solo ora delle molestie di piazza, durante festeggiamenti noti e meno noti, inclusi i nostri capodanni durante i quali qualcuna denuncia di essere stata stuprata. Il fatto è che se si tratta di denunce che riguardano italiani molesti è sempre chiaro che le donne mentono.

Un sasso in bocca per mettere a tacere quelle che rivendicano libertà di scelta per quel che riguarda i loro, i nostri, corpi. Quest’anno abbiamo visto sfilare, oltre i razzisti che strumentalizzano le donne per dare addosso ai rifugiati stranieri, anche i no/gender che strepitano affinché nessuna sia disposta a prestare l’utero alle coppie gay. Rispetto per le donne? Okay. A patto che facciano quel che i reazionari catto/fasci e quelli stalinisti (compagni nella lotta e fascisti a letto e in casa) considerano giusto per le “donne”.

Ancora pietre contro le donne che rivendicano libertà di scelta e diritti quando nominano il lavoro sessuale. Perché vendere servizi sessuali per alcune è schiavitù, e meritano tutto il supporto possibile affinché siano in grado di liberarsi, ma è anche una libera scelta che, se non regolata, diventa affare istituzionale utile alle polizie per perseguitare e marginalizzare chi invece chiede riconoscimento. Pietre da parte delle stesse donne, alcune femministe, che fanno le graduatorie su chi è più “dalla parte delle donne”, escludendo quelle che non accettano i loro interventi autoritari, neocolonialisti, neofondamentalisti, in fatto di sex working, surrogacy, un altro genere di Islam, and so on.

Pietre che arrivano da donne e uomini dirette contro chi fa lavori che coinvolgono in primo luogo la “fregna”. Trascurano ogni altro genere di schiavitù, non si esprimono giammai quando si parla di differenza di classe ma tirano fuori l’anticapitalismo solo al fine di praticare un legittimato moralismo contro ogni tipo di prestazione che riguardi quella determinata zona del corpo. Sarebbe il caso, giusto oggi, che consideraste la possibilità di dire la verità, finalmente, esprimendo misoginia non velata contro tutte quelle che scoprono il corpo e fanno quel che non è accettabile per la vostra, e solo vostra, morale.

Sono lapidate anche quelle che “sono una donna anche se non voglio figli” o quelle che “sono innanzitutto una persona e questa festa nazional/popolare mi dà sui nervi perché in realtà vengono celebrate solo le madri e le mogli”. Lapidazione per quelle che non amano l’esaltazione del materno, che non accettano la divisione tra natura e cultura, così come è praticata da conservatori e, purtroppo, anche dalle femministe della differenza. Lapidazione per le trans, le donne non biologiche, che alcune giudicano soltanto delle intruse nel movimento femminista, portatrici sane di cattivi propositi maschili. Perché sebbene il maschio che diventa femmina viene vist@ come fosse animato da buone intenzioni, per certe femministe resta comunque implicitamente cattivo come tutti i maschi sono alla nascita.

Pietre, anche in forma di imposizioni salutiste, per chi mostra un po’ di carne non photoshoppata, con cicatrici, cellulite e misure non nella “norma”, e diventa oggetto di bullismo mascherato di consigli per “il vostro bene”. Non parlate perciò di salute quando in realtà mascherate solo grassofobia.

Altre pietre contro le donne che non vogliono pagare sanzioni quando rischiano la vita con un aborto clandestino; perché l’aborto gratuito e assistito è un diritto che va garantito ad ogni donna, così come la contraccezione d’emergenza e tutto ciò che lascia alle donne la possibilità di scegliere liberamente se essere madre oppure no.

Quando arriva questa giornata, insomma, quel che mi viene in mente è sempre che dovremmo cercare un linguaggio comune per stabilire il fatto che le donne sono libere di scegliere di essere tutto quel che vogliono, anche se la loro scelta non ci piace. Tu sei libera di essere quel che vuoi e io ho il dovere di difenderti da ogni genere di lapidazione e di supportare la tua scelta. Ho anche il diritto di contrappormi ad essa quando cerchi di impormi la tua visione morale, perché la tua personalissima scelta non può diventare imperativo morale per ciascun@.

Che per tutte voi sia, dunque, un otto marzo senza giudizi e imposizioni. Che sia un otto marzo pieno di ombrelli rossi, a firma di un manifesto di femministe per le sex workers di tutto il mondo (il cui testo potete leggere qui). Un otto marzo che diventa pretesto per misurarci nelle lotte non in termini binari ma tutti assieme, puntando su obiettivi comuni prima ancora di ripensarci solo in virtù di unioni basate sul possesso di vagine. Non ci sono branchi di genere e non si può mutilare una lotta, che appartiene a tutti i generi, in termini trasversali e non interclassisti, se questa ricomincia a raccontare ideali e lotta comune, per la libertà dei migranti, contro la differenza di classe, contro chi precarizza le nostre vite e ci toglie lavoro, reddito, casa. Contro chiunque parli in nostro nome e mortifichi le nostre esigenze strumentalizzando le nostre lotte.

Mi piacerebbe, per una volta, un otto marzo privo di giudizi morali e insulti. In piazza o in casa, guardatevi semplicemente allo specchio, valorizzate le vostre lotte quotidiane, i vostri piccoli o grandi atti di resistenza, in famiglia, nel lavoro, perché è quello che vi dà il diritto di sentirvi partigiane, orgogliose di voi stesse, senza che ci sia nessuno ad autorizzarvi a sentirvi tali. Spalle dritte, siate orgogliose di voi stesse. E grazie a ognun@, perché ogni singola lotta, ogni piccolo o grande successo, regala un pizzico di libertà anche a me.

Un abbraccio a tutte,

con amore,

Eretica