Diritti

Utero in affitto: un benvenuto liberale a Tobia Antonio Vendola

Non si è mai appurato se l’utero della madre degli imbecilli sia in affitto. In compenso l’evidenza empirica indurrebbe ad ipotizzare che l’utero della madre dei bigotti sia ampiamente disponibile in usufrutto o in comodato gratuito. Gli effetti (o, se preferite, i danni) collaterali investono persino quegli ambientini chic in cui avventori à la page si presentano come il sale della terra e la crema (acidula) dell’intellighenzia.

Ad esempio quelle femministe che iniziarono la loro carriera di maîtresse a penser al grido de “l’utero è mio e me lo gestisco io” e oggi impartiscono il fatidico “contrordine compagne!” con lo slogan “l’utero è dello Stato e lo gestisce il prete” (a mezzadria con Alfano e Adinolfi). Oppure quel milieu filosofico tra Cacciari e Fusaro unito (presumesi non civilmente) nella lotta con il sanfedismo di Don Fanzaga, voce di Radio Maria (non nel senso di marijuana), il prete che individua nella maternità surrogata il Disegno di Satana (il quale evidentemente non si tiene abbastanza impegnato con i pedofili nella Chiesa). A quanto pare il marxismo di ritorno non esecra più gli spacciatori di oppio dei popoli, specie se si presentano sotto l’egida di San Raffaele, patrono degli sposi e dei fidanzati etero (ma solo se casti secondo i dettami di Santa Romana Chiesa).

Del resto alle pulsioni politiche, come a quelle carnali che turbano vescovi, abati, e colleghi di Don Fanzaga, non si comanda. Per quanto si sforzino di purgare i neuroni dal tarlo, intonando in ogni consesso i peana alla democrazia, il richiamo delle foreste integraliste e totalitarie è insopprimibile. Il fremito di goduria ipocrita che deriva dall’imporre agli altri le proprie verità assolute è troppo intenso per potersene immunizzare con occasionali letture di Kant o Voltaire la sera in bagno.

I no TAV (nel senso di Tobia Antonio Vendola) che sollevano il loro ditino, dal polpastrello levigato, impartendo urbi et orbi il proprio divieto all’utero in affitto, sono i depositari del Giusto. Loro si reputano deputati a stabilire quali contratti privati siano ammissibili e quali concessioni possano essere ottriate al volgo. Al di fuori delle loro fatwe si estende la palude di sozze perversioni da prosciugare e quei cluster di devianze da perseguire col manganello (e l’aspersorio), nonché da esecrare sul Sacro Blog. Già perché al trenino totalitario che abbraccia la destra estrema e la sinistra dura e pura si è aggregato (per non farci mancare proprio nulla) anche il Caudillismo 2.0 (alla faccia dell’uno vale uno).

Le femministe no TAV si piccano di spiegare “cosa prova una donna” (anzi le donne). I maschi invece tuonano contro i mali del liberismo (e te pareva!?) e dell’osceno negozio sul corpo delle donne. Il Cacciari da talk esprime la sua abberrazione all’indecente principio che ognuno nella sua vita si regoli come crede. La Parietti difende insieme a Salvini, Di Battista, Taormina e la Santanché i valori tradizionali in un tenero afflato di felpe, chip sottopelle, plastici di Cogne e plastiche facciali.

All’oscurantismo religioso, all’oppressione delle minoranze, alle pulsioni clerico-femministe, all’autoritarismo, si oppone la visione liberale della società fondata su due pilastri: 1) le volontà dell’individuo hanno preminenza assoluta sui precetti dello Stato e nessuna autorità pubblica, religiosa o militare può imporre, per legge o con la forza, valori etici o di qualsiasi altro tipo; 2) nessuna autorità può arrogarsi il compito di vietare accordi tra cittadini che non danneggino altri e tantomeno comportamenti che “offendono” le sensibilità (o le paturnie) di una maggioranza, di una minoranza, o di chicchessia.

Nel caso in questione esistono donne le quali del tutto legittimamente ritengono l’utero in affitto un abominio. Nessuno imporrà loro un contratto di locazione. Ci saranno donne che al contrario saranno disponibili alla maternità surrogata in cambio del compenso che giudicano congruo e infine ci saranno donne che magari lo faranno gratis per altruismo (per esempio verso l’amica, la sorella, o magari verso una sconosciuta).

Nessuno può imbonire il prossimo asserendo di sapere cosa prova una madre. Ci sono donne che abbandonano il neonato dandolo in adozione, e donne che preferirebbero darsi fuoco pur di non essere costrette a un atto del genere. Così come ci sono donne (e uomini) che fanno le prostitute o le mantenute e altre che non si presterebbero mai al mercimonio. Sono affari e scelte da cui lo stato deve tenersi fuori. Chi distingua o giudichi questi casi in base al proprio metro e alle proprie emozioni è libero di farlo e di esprimerlo, ma in una società liberale non si può opprimere il prossimo con restrizioni basate su tali distinzioni e giudizi. Il ribrezzo che qualcuno prova non autorizza o giustifica alcuna interdizione.

Né vale invocare i diritti del neonato per reprimere i diritti dei singolo. Altrimenti qualcuno potrebbe giustificare la preclusione di avere figli agli alcolizzati, ai criminali, agli handicappati, alle coppie di razza mista, a chi si trova in ristrettezze economiche, alle donne di salute cagionevole eccetera, eccetera.

In definitiva, nella visione liberale la libertà e la felicità individuale non può essere sacrificata o sottoposta al vaglio di alcuna morale, etica, politica, convinzione, credo, superstizione o altro. E personalmente mi provoca un indescrivibile piacere che di questa visione benefici un irriducibile comunista, cattolico, antiglobalista, antimercatista, anticapitalista, antiliberista, antiamericano, come Nichi Vendola. Già pregusto le cascate di risate che sommergernno lui e i suoi seguaci alla prossima filippica contro lo sfruttamento dei diseredati e degli oppressi oppure alla prossima narrazione sui deboli e gli indifesi.

Carissimo Tobia Antonio, da tutti noi donne e uomini liberi ti raggiunga – nel paese che si identifica con la Libertà e che per questo è diventato la tua patria – un ciclone di auguri travolgenti e il più splendido, sincero, incondizionato benvenuto.