Diritti

Unioni civili, vittoria o sconfitta?

Unioni civili approvate. Il maxiemendamento voluto dal governo è finalmente passato al Senato. Molte sono le sensazioni che agitano il mio animo, troppo contrastanti i sentimenti. Proverò ad andare per gradi, cercando di fornire il mio punto di vista su tutta la questione.

Vittoria o sconfitta? Né l’una né l’altra. È vero, finalmente dopo anni e anni, le coppie gay e lesbiche possono avere diritti minimi, sul piano assistenziale, previdenziale e successorio. Ma viviamo nel paradosso per cui, per sanare una discriminazione, se ne è sancita un’altra: quella contro le famiglie arcobaleno. Non riesco a gioire se penso che i figli della mia amica Alessia e la sua compagna o quelli di Dario e Andrea non hanno, agli occhi dello stato, la stessa legittimità di tutti gli altri. Siamo l’unico paese che non fa esultare la comunità Lgbt per cui legifera. Ieri, fuori dal Senato, nessuno festeggiava. La sensazione era, invece, di costernazione. Come se dovessimo interrogarci sulle ragioni di una felicità che stenta a decollare e di una rabbia che non trova pacificazione. Bisognerà lavorare ancora e a lungo per arrivare alla piena uguaglianza. Si sa solo questo.

La delusione dei movimenti estremisti cattolici, poi. Ieri mattina, a un certo punto, proprio di fronte al Senato c’è stata una conferenza stampa con Gandolfini, il patron del Family day, Filippo Savarese, leader di Manif pour tous, e l’immancabile Adinolfi. Mi è venuto spontaneo commentare, su Twitter, citando il famoso libro Cinquanta sfumature di grigio. Ovvero le tonalità che assumevano i loro volti, man mano che passavano le ore e l’approvazione della legge stava per concretizzarsi. Evidentemente le loro dichiarazioni sulla capacità di influenzare le scelte del Parlamento si sono rivelate come i milioni di partecipanti dichiarati per le loro piazze: fuffa.

La classe politica, ancora. In una sola parola: penosa. Penoso il Pd, incapace di fare una legge degna di questo nome, l’unica in Occidente che invece di dare piena cittadinanza di fatto discrimina chi dovrebbe tutelare. Penoso il dibattito, fermo ancora alle categorie medicali di primo novecento (è stata scomodata ancora l’equivalenza omosessualità-pedofilia). Penose le scelte del M5S, che potevano intestarsi una vittoria epocale e hanno preferito obbedire a logiche di partito e a telefonate del capo. Stesso atteggiamento che rimproverano al Pd, se ci si pensa bene. Deludente la senatrice Cirinnà, che aveva annunciato l’abbandono alla politica se avessero stralciato le stepchild adoption e che ieri esultava, in Senato. Proprio da quella poltrona che non ha nessuna intenzione di lasciare, contrariamente a quello che aveva dichiarato. E a proposito: pare abbia annullato la sua presenza al Tag, il Festival di cultura Lgbt di Ferrara, oggi pomeriggio. Strano che non vada a raccogliere i “meritati” applausi. Converrete.

E il popolo arcobaleno? Spaccato al suo interno. Lasciando perdere i gay e le lesbiche di partito – che analogamente ai grillini, rispetto alle scelte del loro capo, hanno l’obbligo di palesare gioia – la stragrande maggioranza della gay community è delusa e arrabbiata. Ma c’è chi dice “meglio poco che nulla” oppure “ma almeno abbiamo dei diritti”. Come se questo potesse essere messo in discussione. Ancora, c’è chi ripete pappagallescamente “voi volete tutto e subito”. Dopo trent’anni di lotte… E credo che non sia nemmeno un caso che a fare questo tipo di discorsi siano i più giovani (non tutti, sia ben chiaro), i ventenni che con pochi sforzi si son trovati la pappa pronta. Quelli che si accontentano di 500 euro al mese, per quaranta ore a settimana. Almeno pagano, ti dicono. Figli di vent’anni di berlusconismo, che ha segnato un’intera generazione nel senso dell’arrendevolezza. Per quel che mi riguarda, penso che questo provvedimento piaccia solo a chi ha una dignità parziale. Chi si percepisce nella sua umana interezza, e non come riserva indiana da rinchiudere in un recinto per quanto dorato, non può fare nessuna concessione a una politica che abbiamo già definito penosa. Nessuna riconoscenza.

A tal proposito, il 5 marzo ci sarà una manifestazione nazionale, a Roma. Mi auguro che non diventi, per l’incapacità di alcuni o la connivenza di altri, uno spot di piazza per il governo. Ho raccolto molti umori, tra i corridoi di palazzo Madama, e pare che i senatori del Pd non abbiano compreso la rabbia della comunità Lgbt, che al presidio di piazza delle Cinque Lune gridava “vergogna”. Vorrebbe essere osannato, il Pd. D’altronde le amministrative sono all’orizzonte. Vediamo di non fare l’errore di svendere la nostra giusta indignazione e di trasformarla in un favore a Renzi. Lo stesso che, se ricordate, parlava di Ernesto, il figlio di Letizia e Teresa, sue collaboratrici. “Lavorerò perché abbia gli stessi diritti dei miei figli”, diceva per vincere le primarie. Ha mentito anche su questo.