Capitoli

  1. Onlus, la difficile ricerca della trasparenza. Zamagni: “Dicano che risultati ottengono con le donazioni dei cittadini”
  2. Ecco quanto pesano i costi vivi sulle uscite totali 
  3. Tutti d'accordo sulla misurazione dell'impatto sociale
  4. Il costo della trasparenza. E una possibile soluzione
Onlus & Dintorni

Il costo della trasparenza. E una possibile soluzione - 4/4

Ilfattoquotidiano.it ha esaminato i bilanci di Airc-Firc, Save the children, Telethon, Medici senza frontiere, Unicef, ActionAid, Emergency e Associazione italiana leucemie. Le spese vive pesano dal 16 a più del 35% delle uscite totali. "Ma ricerca, personale e certificazione dei bilanci costano", spiegano i vertici. La soluzione? Una rete di servizi amministrativi in comune. Ma per l'ex presidente dell'agenzia del terzo settore la vera sfida è "superare l'approccio formalistico" e verificare quanto i progetti migliorano le vite dei destinatari

Il traguardo della trasparenza, fanno però notare le associazioni, è strettamente collegato con il nodo dei costi amministrativi: “Spesso sono ritenuti indice di scarsa efficienza”, argomenta Marco De Ponte, segretario generale di ActionAid, ma “quelli per la certificazione dei bilanci, le certificazioni di qualità e sicurezza, le dichiarazioni fiscali e le rendicontazioni per i finanziamenti pubblici” in realtà “concorrono ad assicurare l’accountability, richiesta dai sostenitori e promessa dalle organizzazioni”. D’accordo l’Airc, che nota: “Per essere più trasparente un’organizzazione deve investire in sistemi informatici e figure amministrative professionali, cioè aumentare i costi. Non a caso la rendicontazione delle più strutturate è di solito più chiara ed esaustiva di quella delle piccole, fondate esclusivamente sul volontariato”.

L’idea di una rete di servizi amministrativi in comune – Per uscire dall’impasse, più di una onlus auspica la nascita di una rete di servizi comuni a livello italiano. Secondo De Ponte l’ideale sarebbe “una rete nazionale di servizi dedicati al settore, offerti pro-bono o a prezzi calmierati dai grandi studi di consulenza“, come già accade all’estero: “Potrebbe giovare in termini di efficienza e liberare risorse per altre attività”. D’accordo Unicef, Ail e Airc, che dice sì alla concentrazione di alcuni servizi come “ufficio stampa, organizzazione di campagne di advocacy o raccolte fondi” purché il numero dei soggetti collegati sia limitato per non diluire i benefici. Secondo Pasinelli di Telethon un network del genere sarebbe utile soprattutto per le organizzazioni più piccole. Frena, però, Emergency: per il vicepresidente Alessandro Bertani è “difficile immaginare come possano rispondere alle esigenze di ciascuna associazione servizi messi in comune: chi li organizza? Chi li coordina?”.