Mondo

Usa 2016, repubblicani a confronto: la diplomazia da cowboys dei Magnifici Sette

Sarà che sono in sette sul palco, ma pare proprio una cosa da western stile I Magnifici Sette: titoli d’apertura e parte la raffica di attacchi alla politica estera del presidente Obama e di quella che ne sarebbe l’emula e il clone Hillary Clinton. Che non assiste passiva e su Twitter in tempo reale denuncia “la diplomazia da cowboys” degli aspiranti alla nomination repubblicana alla Casa Bianca.

E’ andato proprio così il 6° e penultimo dibattito in diretta televisiva fra i candidati repubblicani, giovedì sera – ora Usa: l’ultimo sarà giovedì 28, mentre il 3° e ultimo fra i candidati democratici è in programma domenica. I repubblicani in lizza sono ancora una dozzina, ma cinque non ‘facevano il peso’ nella media dei sondaggi per partecipare al dibattito in prima serata; i democratici solo tre.

Appena i moderatori della Fox Business Network hanno lanciato le loro domande, Donald Trump, il battistrada, e i suoi rivali hanno messo da parte, al primo giro, divisioni e differenze per riversare accuse e attacchi sul duo democratico Obama/Clinton: la cronaca delle ultime 72 ore offriva spunti, dal sequestro delle navi Usa in acque iraniane alla recrudescenza del terrorismo tra Istanbul e Giacarta.

Proprio la minaccia del terrorismo è stata uno dei temi forti del dibattito televisivo. Ma, una volta sparata la raffica anti-democratici, ci sono pure state scintille tra Trump e i suoi antagonisti, specie il senatore del Texas Ted Cruz e un redivivo ex governatore della Florida Jeb Bush.

Trump ha sfoderato, contro il terrorismo, le sue ricette anti-Islam e anti-immigrati: i rifugiati – dice – “sono un cavallo di Troia” e “non dobbiamo permettere che entrino in America”, aggiungendo che fra di loro vi sono “pochissime donne, pochissimi bambini, ma molti uomini forti e giovani”. “Non si tratta d’alimentare la paura. E’ un dato di fatto… Il nostro Paese è gestito da gente incompetente e io sono molto arrabbiato, perché è un caos“.

“Un disastro”: è il giudizio che accomuna Obama e la Clinton. “La buona notizia è che il prossimo comandante in capo è su questo palco”, dice Cruz denunciando il presidente per non aver affrontato in modo muscolare l’Iran reo di avere trattenuto per meno di 24 ore di 10 marinai Usa: lui presidente avrebbe “fatto sentire la collera dell’America”. Anche per il governatore del New Jersey Chris Christie, “i nostri avversari devono conoscere qual è il limite della pazienza degli americani… Hillary non deve vincere un terzo mandato di Obama“, che ci condurrebbe “a una guerra più grande”.

Per Bush, la Clinton sarebbe una rovina sul fronte della sicurezza nazionale: colpa di Obama, dice, se “il Paese è in una situazione in cui non dovrebbe essere”. Il senatore della Florida Marco Rubio giudica Hillary “non qualificata per fare il presidente”, perché mentì sull’attacco al consolato di Bengasi in cui morirono cittadini americani. Il governatore dell’Ohio John Kasich se la prende con il rivale della Clinton Bernie Sanders, ridicolizzandone le tesi ‘socialiste’.

Anche il no sul giro di vite di Obama alla vendita di armi accomuna i repubblicani. “Se a Parigi ci fossero state le armi, non ci sarebbero stati 130 morti e più”, argomenta Trump. Bush è d’accordo: “La legge prevede i controlli preventivi sulla vendita di armi e l’Fbi li deve fare. Togliere i diritti non è una soluzione: non abbiamo bisogno di nuove regole”. Per Rubio e Cruz Obama vuole confiscare le armi alle famiglie americane che vogliono solo difendersi: la linea è che “il secondo emendamento non è un optional”.

In questo clima, Rubio fa un passo indietro, lui d’origini cubane, sulle sue posizioni pro-immigrati. Ma Bush tenta di mettere un argine la linea di Trump contro i musulmani che vivono o vogliono entrare in America: “Così sarebbe impossibile creare la coalizione per combattere” il sedicente Stato islamico, argomenta. E aggiunge: gli Usa “non possono essere i poliziotti del mondo e agire da soli, in maniera unilaterale”.

Trump risponde: “Quello che a me interessa e di cui abbiamo bisogno è la sicurezza. Dobbiamo essere vigili, abbiamo un grande problema con l’Islam radicale”. Bush gli si rivolge direttamente: “Donald, la gente è arrabbiata, impaurita. Ma tu corri per la presidenza, non puoi fare dichiarazioni a vanvera… Costruiamo insieme un’America più sicura”. L’ex governatore s’impegna a “ricostruire la forza militare” Usa, come fece suo fratello. E ancora ne scontiamo i risultati.