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Usa, Obama aggira il Congresso con le misure ‘soft’ sul controllo delle armi. E il successore dovrà tenerne conto

Stretta sulle armi, dai controlli dell'Fbi a quelli che dovranno fare i venditori. E dopo la prevedibile battaglia legale già annunciata dai repubblicani, se il titolare della Casa Bianca porterà a casa la vittoria chi verrà dopo non potrà tornare indietro. Come è successo con la riforma sanitaria

“Chiunque venda armi dovrà effettuare i controlli sull’idoneità degli acquirenti, sia che venda su Internet o che venda nelle fiere”. Così Barack Obama, dalla East Room della Casa Bianca, circondato dalle vittime di passati episodi di violenza, ha sintetizzato le sue proposte per allargare i controlli sulla vendita delle armi. Il presidente ha parlato delle 30mila vittime di armi da fuoco, ogni anno, per le strade d’America. “Siamo l’unico paese al mondo in cui le stragi avvengono con questa frequenza”, ha detto, spiegando di non essere “contro il Secondo Emendamento” ma di voler solo “salvare delle vite”. Ricordando i bambini uccisi nella strage della Sandy Hook Elementary School e in altri massacri di massa, Obama si è commosso. Se amiamo i nostri bambini e ci importa del loro futuro, possiamo tagliare tutto il  dibattito e fare la cosa giusta per il Paese“, ha detto.

Le misure proposte dal titolare della Casa Bianca prevedono background checks ogni volta che viene venduta un’arma; sinora i rivenditori alle fiere di settore e quelli via Internet avevano invece potuto aggirarli. Previsti anche rafforzamento delle strutture federali di controllo (con duecento nuovi agenti al “Bureau of Alcohol, Tobacco, Firearms and Explosives”), fondi per la ricerca e procedure più lineari ed efficienti nel passaggio di informazioni sugli acquirenti. Tra le misure, c’è anche il trasferimento dei dati delle persone giudicate “con problemi di salute mentale” dagli archivi del Social Security a quelli dell’FBI, per poter condurre eventuali controlli sull’acquisto delle armi (una proposta particolarmente avversata dai repubblicani, che gridano alla violazione della privacy).

Obama ha scelto di agire facendo ricorso alla sua autorità esecutiva, non passando dunque dal Congresso a maggioranza repubblicana che in questi anni ha avversato ogni sforzo volto al gun control. Come sottolineato da molti osservatori, si tratta di provvedimenti molto più prudenti rispetto a quelli che lo stesso presidente cercò di fare approvare dal Congresso nel 2013. Sicuramente più prudenti rispetto alle proposte con cui, alcune settimane fa, Michael Bloomberg, ex-sindaco di New York e co-fondatore di “Everytown for Gun Safety”, si è presentato alla Casa Bianca.

Bloomberg e i suoi hanno chiesto al presidente una legge che permetta di arrestare chiunque menta sui suoi background checks, oltre a confiscare le armi di chi è stato condannato per attività criminali o violenza domestica. Ciò che appare piuttosto rivoluzionario, se si pensa che oggi una persona che si trova sulla no-fly list, la lista di chi non può viaggiare perché sospettato di terrorismo, può tranquillamente recarsi in un negozio e acquistare un’arma (diritto che è stato orgogliosamente riaffermato da deputati e senatori repubblicani in un voto nelle ore immediatamente successive al massacro di San Bernardino).

Nonostante le richieste di Obama non abbiano nulla di rivoluzionario, proprio la destra ha già preannunciato prossime azioni legali per bloccare l’ordine esecutivo del presidente. Come già avvenuto, in occasione dell’Obamacare e delle proposte di legalizzazione per cinque milioni di immigrati, il G.O.P. sceglie la strada delle corti e di giudici simpatetici con l’ideologia conservatrice per svuotare l’azione della Casa Bianca. Le prime reazioni da destra non lasciano presagire niente di buono. Lo speaker della Camera, Paul Ryan, ha detto che “mentre non abbiamo ancora i dettagli del piano, il presidente sta quanto meno sovvertendo il processo legislativo”. Durissimo anche il candidato repubblicano alla presidenza, Donald Trump, secondo cui, a questo punto, sarà “impossibile per un americano procurarsi un’arma”.

La durezza della reazione repubblicana è del resto resa possibile da una cultura condivisa, favorevole alle armi e a un’interpretazione estensiva del Secondo Emendamento, che almeno a partire dagli anni Settanta si è sviluppata, parallelamente alla “rivoluzione conservatrice” incarnata da Ronald Reagan. Se, per decenni, l’interpretazione del Secondo Emendamento, supportata da diverse sentenze della Corte Suprema, è stata quella secondo cui Stati e governo federale avevano l’autorità di limitare il diritto di portare un’arma, con gli anni Settanta si afferma l’interpretazione opposta: quella di un diritto illimitato, dei singoli, di possedere pistole o fucili.

Sostenuta dall’azione della National Rifle Association, la lobby delle armi che ha pompato milioni di dollari nel processo legislativo, la “cultura delle armi” è cresciuta, sino essere fa diventare “senso comune” per milioni di americani, soprattutto negli Stati del Sud e dell’Ovest. E’ questa cultura che ha consentito ai repubblicani di opporsi, e alla fine trionfare, di fronte a ogni tentativo di riforma. E’ questa cultura che ha prodotto fatti apparentemente inspiegabili, o folli, come la recente crescita di acquisti di armi dopo la strage di San Bernardino e il diffondersi della voce che Obama stava per far passare una riforma restrittiva (più 23 per cento di armi vendute in novembre). E non va dimenticato che, proprio mentre Obama parlava dalla Casa Bianca, dall’altra parte d’America, in Oregon, una milizia della destra radicale, guidata da un rancher, Ammon Bundy, occupa da giorni gli spazi di una riserva del governo federale. Brandendo Bibbia e Costituzione, gli uomini di Bundy proclamano il diritto di ogni americano alla “terra” e, ovviamente, a portare liberamente un’arma per difendersi dagli abusi del governo federale.

Di fronte allo stato delle cose, le proposte di Obama possono sì apparire modeste. Di fronte ai milioni di pistole, fucili, armi pesanti che girano per l’America, la scelta di allargare i background checks alle vendite on line può sembrare un semplice palliativo. Di fronte ai 30mila americani ammazzati ogni anno per le strade americane, gli “ordini esecutivi” di un presidente in uscita dalla Casa Bianca possono persino sembrare ridicoli. Eppure, nell’America 2016, la scelta di allargare i controlli, di proibire a gente con un passato di problemi mentali di possedere un’arma, è un primo passo. Ed è un passo importante. La prevedibile battaglia legale che si scatenerà durante gli ultimi mesi di campagna elettorale sarà sostenuta da questo presidente e, nel caso di vittoria, diventerà eredità per il prossimo presidente; sia esso democratico o repubblicano, questi non potrà presumibilmente tornare indietro (proprio come avvenuto per la riforma sanitaria). I mesi di campagna elettorale per le presidenziali verranno poi, con ogni probabilità, occupati anche dal tema delle armi, suscitando domande, dibattito, tentativi di soluzione. Sollecitando quindi nuovi approcci e visioni.

Non è “la migliore delle riforme possibili”, quella di Obama, proprio perché non passa dal Congresso ed è molto prudente. Ma, come dice la “Brady Campaign to Prevent Gun Violence”, è comunque un passo storico, perché per la prima volta da decenni si va nel senso di una restrizione, e non di un allargamento, del diritto di portare un’arma. Charlton Heston, l’attore diventato presidente della “National Rifle Association”, disse un giorno che il suo fucile avrebbero dovuto portarglielo via “dalle mie mani fredde e morte”. Oggi si è almeno cercato, dopo anni, di levare il fucile dalle mani di alcuni.