Diritti

Eutanasia: in Svizzera per morire, come gli anarchici a fine Ottocento

Marco Cappato, Mina Welby e Gustavo Fraticelli, tre dei dirigenti “storici” della Associazione Luca Coscioni; hanno dato vita ad una nuova iniziativa (S.O.S. Eutanasia) , www.soseutanasia.it; hanno aiutato – anche economicamente – una malata di cancro, l’infermiera cinquantanovenne Dominique Velati, da sempre militante radicale, ad ottenere in Svizzera il suicidio assistito; si sono “autodenunciati” alla Procura della Repubblica ed alle forze dell’ordine (il reato ipotizzabile è quello di aiuto al suicidio, articolo 580 codice penale, con pene fino a 12 anni).

Ho atteso 15 giorni per commentare il fatto che nessuna comunicazione giudiziaria è stata loro notificata: giorni durante i quali – grazie alla vasta eco di stampa della iniziativa di Cappato e dei suoi “associati a delinquere” – decine di altri malati hanno contattato S.O.S. Eutanasia per essere aiutati a recarsi in Svizzera ed ottenere la “buona morte”.

Evidentemente, giudici e forze dell’ordine avvertono il distacco di quell’articolo del codice penale dal comune sentire dei cittadini (il 75% degli italiani è a favore della eutanasia; perfino il 52% dei cattolici che vanno regolarmente a messa) e preferiscono far finta di niente.

Il codice penale – si badi bene – è stato emanato nel lontano 1930, in pieno regime fascista e solo un anno dopo la firma del Concordato fra Stato e Chiesa: i “sessantottini” lo avrebbero definito “clerico/fascista”. Fra l’altro, considerare un reato gravissimo (viste le pene previste per chi lo commette) la “istigazione” o “l’aiuto” al suicidio è quanto meno una forzatura se si considera che nei paesi occidentali il suicidio non è più considerato un reato da circa due secoli (solo molti paesi islamici lo considerano ancora tale). Dunque, perché punire chi aiuta un malato, seguendo la sua lucida volontà, a compiere un gesto che non è fisicamente in grado di compiere da solo e che non costituisce un reato?

Per porre fine a questa situazione, la via maestra è quella della legalizzazione della eutanasia, sia pure nell’ambito di norme precise per evitare abusi e “derive”.

Il problema è che i soli che potrebbero cambiare questo stato di cose, i parlamentari, rifiutano di mettere all’ordine del giorno una proposta di legge sulla eutanasia depositata dall’Associazione Coscioni nel lontano settembre del 2013 con 67mila firme di cittadini. Sicché oggi in Italia, per morire senza prolungate e inutili sofferenze, restano le solite strade: l’eutanasia clandestina (praticata ogni anno in ventimila casi da mila pietosi e coraggiosi) o la soluzione disperata del suicidio (1.000 l’anno, e oltre 1.000 tentati “senza successo”). Oppure, “l’esilio” in Svizzera, come per gli anarchici di “Addio Lugano bella” di fine Ottocento.

Ho sintetizzato in una tabella i modi in cui si muore oggi in Italia. Penso sia efficace anche se priva dei requisiti di precisione millimetrica richiesti dall’Istat e benché i termini usati per dividere i morti in diversi gruppi (“Fortunati” e “Sfortunati”) siano più giornalistici che “scientifici”. Eccola.

Morti in Italia: poco più di 600 mila l’anno

“Fortunati”

– Infarto (spesso nel sonno): 75mila, 12%
– Eutanasia clandestina (nota 1): 20mila, 3%
– Morti naturali (vecchiaia estrema): quantità indefinita

Sfortunati”

– Le vittime dell’accanimento terapeutico, numero indefinito: più esse aumentano, più diminuisce il numero dei “fortunati” (nota 2)
– I malati che si suicidano (circa 1.000) o tentano il suicidio senza “successo” (oltre 1.000) (nota 3)

Recentemente abbiamo dato vita ad un Intergruppo parlamentare in favore della discussione sulle scelte di fine vita, e ad oggi abbiamo avuto 225 adesioni. Ne mancano all’appello 690. Speriamo che il Giubileo “della Misericordia” serva almeno a questo: a risvegliare in alcuni di loro la pietà per chi non chiede altro che una “morte dignitosa”.

Note

(nota 1) I dati vengono da una ricerca dell’autorevole Istituto Mario Negri. I suoi autori sostengono che non è corretto parlare di eutanasia clandestina, trattandosi invece di “desistenza terapeutica”. E’ una “legittima difesa” per tanti medici pietosi e coraggiosi, che rischierebbero fino a 12 anni di carcere se dichiarassero di aver dato corso ad una eutanasia.

(nota 2) Sono particolarmente soggetti ad accanimento terapeutico i malato di cancro, di malattie invalidanti progressive come la Sla, di malattie cerebrovascolari. E’ tutto da discutere il tema dei malati di Alzheimer (un milione comprendendo anche le altre forme di demenza).

(nota 3) I dati sono di fonte Istat. Il numero dei malati che si suicidano o tentano il suicidio è dedotto dalla voce “moventi”, poi rimossa.