Media & Regime

Crisi: ecco come incide sull’uso e consumo di Tv commerciale

La Banca d’Italia ha pubblicato recentemente la preziosa ricerca su “I bilanci delle famiglie italiane”. Si analizzano alcuni dati. Il reddito medio annuale (al netto delle imposte e dei contributi sociali) delle famiglie (composte nel 2014 in media da 2,46 componenti, 2,53 quattro anni prima) è stato pari a 30.525 euro. Mentre al Nord il reddito è ammontato a 34,4mila euro, al Sud a 23,5mila (il 68% di quello del Nord): un divario che nel tempo si sta accentuando e frena la ripresa dell’economia del Paese. Rispetto al 2010 il reddito è diminuito di -7%, mentre rispetto al 2000 è aumentato monetariamente di +17% (ma in termini reali è diminuito di circa il -10%).

I consumi medi delle famiglie sono ammontati a 22.500 euro, -11% (nonostante il bonus di 80 euro!) rispetto a quattro anni prima e +19% rispetto al 2000. La propensione al consumo è stata pari al 73,7%, (76,9% nel 2010 e 72,7% nel 2000): si conferma la storica parsimonia degli italiani, virtù che non piace ai nostri politici di governo, i quali indirettamente cercano di scalfirla con scelte di politica economica, spesso considerate non appropriate.

La ricchezza media ha subìto un tracollo, scendendo in quattro anni del -16%, causato in particolare dal deprezzamento degli immobili (il 68% delle abitazioni è di proprietà). Alla fine del 2014, il 23% delle famiglie era indebitato per un ammontare medio di circa 44mila euro.

Riguardo alla distribuzione del reddito, il 20% delle famiglie più povere percepisce il 6% del totale dei redditi prodotti, mentre il 20% delle famiglie più ricche ne detiene il 41%. I dati confermano che il deterioramento dell’economia, iniziato dal 2006, è lungi dall’essersi esaurito. Il Paese rimane in grave sofferenza (come conferma un’altra ricerca dell’Istat sulla povertà: 1,5milioni di famiglie, il 5,7%, vive in condizioni di povertà assoluta, cioè vive nell’impossibilità di comprare i beni essenziali) e le aspettative a medio breve-medio termine, seppur vi è qualche indicatore con timidi segnali positivi, rimangono fosche, aggravate anche dai contrasti a livello internazionale.

Come incide la crisi economica sul consumo di comunicazione? La crisi accentua, com’è facilmente intuibile, il consumo dei media, del web (almeno per quel 40% della popolazione che si connette ogni giorno) e della Tv in particolare, e nel frattempo fa diminuire la spesa per lo stesso consumo, favorendo i mezzi commerciali (finanziati dalla pubblicità). Nel frattempo calano, ormai da più di un decennio, gli investimenti pubblicitari.

Per molte famiglie spendere 18-20 euro per un libro, 8-10 euro per il cinema o 20 euro al mese per il “primo prezzo” dell’abbonamento alla pay (cioè per una programmazione non di punta), può costituire una spesa difficilmente sostenibile (il canone della Rai è avversato soprattutto per motivi “ideologici”). A limitare la diffusione della comunicazione a pagamento c’è un altro fattore. Mentre il televisore tecnologicamente più avanzato è considerato un bene di consumo quasi necessario del quale non si può fare a meno, molti considerano la comunicazione come una sorta di “bene libero”, per la sua abbondanza e per essere facilmente sostituibile da programmi similari. Il consumo di mezzi “gratuiti”, come la Tv commerciale, tenderà quindi a essere preferita, anche quando questi mezzi dovessero impoverirsi di contenuti. Non a casa la Tv a pagamento, dopo aver raggiunto (con Sky e Mediaset Premium) il 27% delle famiglie, ha difficoltà ad aumentare i propri abbonati.

La crisi economica, il calo dei consumi delle famiglie causa un altro e importante effetto e cioè la contrazione degli investimenti pubblicitari (motivo delle difficoltà di tante imprese media). Contrazione che colpisce maggiormente la pubblicità dei prodotti di largo consumo e di conseguenza i mezzi di comunicazione più popolari nei quali è veicolata questa pubblicità.

In conclusione, le crisi economiche accentuano il divario fra i ricchi e i poveri, sempre più numerosi, ma rafforzano anche le divisioni culturali, fra chi ha o no le possibilità di accedere alle informazioni migliori.