Cultura

Immacolata Concezione, rispettare ogni donna come una dea

Immacolata - Giubileo

Oggi si celebra l’Immacolata Concezione della Vergine Maria (da non confondere con il concepimento verginale di Gesù), dogma cattolico che sancisce la condizione”piena di grazia” della Madonna, non contaminata dal peccato originale.

Una celebrazione importante, ma che non riconosce alcuna divinità a Maria, relegata al ruolo di “benedetta fra le donne”, di Theotokos”, “Madre di Dio”(molto più enfatizzato nel Cristianesimo Ortodosso). Una ricorrenza, dunque, che ci dà il modo di enunciare un paradosso (certo non lo scopriamo noi e certo meriterebbe ben più vasta trattazione) evidente nelle tre grandi religioni abramitiche: per quanto le tre teologie ufficialmente non contemplino alcun aspetto femminile di Dio, sia i mistici, che gli artisti illuminati (ma, soprattutto, la devozione popolare) hanno sempre intuito, rappresentato e venerato il Divino come Donna, come Madre.

Pensiamo al Cristianesimo, dove la sacra Trinità al Padre e al Figlio non fa corrispondere naturalmente una Madre, bensì lo Spirito Santo. Una rimozione teologica che occulta quella che fu il grande credo degli gnostici (non a caso condannati come eretici), cioè l’identificazione della Madre con la Grazia dello Spirito Santo (come risulta da testi apocrifi quali gli Atti di Tommaso o il Vangelo di Filippo, nella cui lingua copta lo Spirito Santo è sempre al femminile). Eppure, da S.Bernardo di Chiaravalle a Dante (che non a caso a lui fa sciogliere la somma lode “Vergine Madre, Figlia del Tuo figlio”, incipit dell’ultimo canto della Divina Commedia) molti grandi poeti e mistici cristiani hanno invocato in Maria con lodi degne di una Dea. Nell’Ebraismo, ove Yahweh è per antonomasia Dio Padre, la Sua presenza, la Shekinah, è però una manifestazione assolutamente femminile. Nell’Islam, Allah è trascendente e inconoscibile, ma (al di là della immensa venerazione popolare per Fatima) la sua Essenza, Dhat, è femminile, come femminili sono molte metafore del Divino nella poesia Sufi. La divinità dell’Eterno Femminino, per quanto negata dalle teologie ufficiali, riaffiora invincibile. La Grande Madre è per Carl Gustav Jung l’archetipo più antico e potente, rappresentando nelle sue parole: “La magica autorità del femminile, la saggezza e l’elevatezza spirituale che trascende i limiti dell’intelletto”. Una figura archetipica di cui troviamo tracce innegabili in tutte le grandi religioni, in tutti i popoli di tutti i tempi e in tutte le parti del mondo.

Ci limitiamo a brevi cenni, di una lista che potrebbe includere la grande maggioranza delle religioni della storia. Per una mente libera da dogmi, in grado di vedere la sottesa unità dei percorsi di conoscenza al di là delle forme diverse, le litanie lauretane, che invocano gli aspetti misericordiosi della Vergine, sono pressoché coincidenti alle preghiere in lode della Dea Iside o al Devi Atharva Sheersha, che descrive la natura divina della Grande Madre induista.

D’altro canto, l’iconografia della Madonna col Bambino, resa immortale dalle sublimi rappresentazioni nel Rinascimento italiano, è identica alle antiche rappresentazioni della Dea Iside con in braccio Horus. Allo stesso modo, la venerazione della Dea indiana Durga/Kalì può essere riconosciuta, traslata simbolicamente, fino ai nostri giorni nel culto della Madonna Nera in tutto il nostro Meridione (l’antica Magna Grecia).

Attraverso le migrazioni nomadi, dall’antica India (dove la venerazione della Dea Madre ha grande rilievo e innumerevoli volti) tale riconoscimento primordiale è penetrato nella cultura greca (pensiamo alle caratteristiche alla Dea Atena, casta e guerriera), fino ad arrivare sotteraneamente anche nel Cristianesimo.

Non è un caso che ogni anno gli zingari il 24 Maggio celebrino Sara la Nera presso Saint Maries de la Mer in Francia, in una cerimonia così suggestiva e ancestrale da ispirare a Bob Dylan (secondo alcuni nato in quel giorno) una delle sue più commoventi ballate, One More Cup of Coffee.

Per approfondire questo tema d’immensa vastità, indichiamo tre testi di grande interesse: La Dea Bianca di Robert Graves (Adelphi), La Grande Madre di Erich Neumann (Astrolabio) e La Madre e la Spiritualità di Gwenael Verez (La Cultura della Madre).

Tre testi che possono illuminare il cammino verso la scoperta di questo archetipo sapienziale, che possono spiegare le cause politico-sociali della sua rimozione teologica, e che, soprattutto, speriamo possano indurci a riconoscere ed adorare in ogni donna una forma vivente della Dea Madre.