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Isis, per battere il Califfato bisogna ampliare gli spazi di democrazia

Isis decapitazione russo 675

Mi sono imbattuto di recente in un’interessante intervista al colonnello Pedro Baños Bajo, specialista di strategia e geopolitica, che ha ricoperto importanti incarichi nelle Forze armate e nei servizi di intelligence, a livello sia spagnolo che europeo. Si tratta di un’analisi molto stimolante dell’Isis, che per molti versi ho già anticipato su questo blog, pur non avendo il piacere di conoscere il colonnello.

Baños Bajo mette anzitutto in rilievo le forti responsabilità dell’Occidente e degli Stati Uniti, in particolare, nella nascita del fenomeno terroristico integralista. Il colonnello mette in rilievo la gestione catastrofica dello Stato iracheno dopo la fine di Saddam, con una deliberata politica di emarginazione e persecuzione dei sunniti fino ad allora dominanti, che costituiscono la vera base di massa dello Stato islamico. In secondo luogo sottolinea la natura eteroguidata della primavera araba in Siria. Peraltro Baños Bajo aggiunge significativamente come la vera origine del terrorismo fondamentalista è riconducibile all’impegno profuso congiuntamente in Afghanistan da Stati Uniti , Regno Unito, Pakistan e Arabia Saudita per combattere i sovietici creando una forza di circa 50.000 uomini. Modello che poi è stato riproposto in Siria contro Bashar Al Assad, con le conseguenze cui stiamo assistendo attualmente. Con più specifico riferimento all’Isis, il colonnello non esita a mettere sotto accusa i servizi segreti di Turchia e Arabia Saudita. Di più, egli si chiede con che finalità in Occidente si dia spazio enorme sui media ai terroristi, al punto che i video prodotti da loro sono distribuiti da un’impresa statunitense di telecomunicazioni, il Site Intelligence Group.

Battere militarmente i terroristi, che dispongono di un esercito di 50.000 uomini stabilito in un territorio desertico senza aviazione militare e senza mezzi contraerei sarebbe questione di poche ore, intervenendo con tre divisioni corazzate, forze speciali e appoggio aereo e di artiglieria a distanza. La via suggerita saggiamente da  Baños Bajo e´tuttavia un’altra. In primo luogo eliminare le fonti di finanziamento dell’Isis, il traffico di petrolio che, come si sta abbondantemente dimostrando avviene da tempo con la complicità del governo turco. In secondo luogo offrire ai sunniti un’alternativa che ne garantisca i diritti e la sicurezza. In terzo luogo, sono le potenze che hanno creato il problema (e qui il colonnello cita USA, Russia, monarchie del Golfo, Iran e Turchia) a doversi fare carico oggi della sua soluzione. Non attraverso misure prevalentemente militari che rischiano di aggravare la situazione dando vita a una spirale inarrestabile di odio e di vendetta.

Mi permetto di sollevare qualche riserva relativamente a tale terzo punto. Infatti, proprio perché hanno creato l’attuale situazione, le politiche di potenza, specie delle potenze occidentali ed alleate che hanno promosso la nascita dell’Isis e continuano a sostenerlo, fanno parte del problema e non della soluzione. E’ certamente necessario che il Consiglio di sicurezza si pronunci al più presto stabilendo misure volte ad isolare l’Isis e a coordinare azioni militari mirate a colpirlo, risparmiando le popolazioni civili. Peraltro il fatto che le più significative vittorie contro l’Isis sul terreno siano state raggiunte da forze che praticano la democrazia di massa e l’autogoverno senza discriminazioni etniche o di genere, come i Kurdi e gli altri popoli presenti nella Rojava, indica la strada da seguire: ampliare gli spazi di partecipazione democratica stringendo un’alleanza strategica con questi attori sociali. Questo però implica elevare il governo della Rojava a interlocutore e fornirgli tutto l’appoggio necessario per combattere l’Isis e far fronte a ricatti, pressioni e interventi, anche militari, da parte della Turchia, che continua a reprimerli e bombardarli. Occorre in particolare un’iniziativa internazionale di urgenza a sostegno di Kobane. Anche per quanto riguarda le società europee, la vera risposta al terrorismo fondamentalista è la costruzione di società democratiche e inclusive. Proprio il contrario di quanto i governi europei stanno  facendo, dato che essi approfittano della minaccia terroristica per restringere gli spazi democratici, come denunciato dal  bravo avvocato Francesco Romeo in questa intervista.