Cultura

‘Tranquillo Prof, la richiamo io’ di Christian Raimo, il consiglio di un libraio

Tlin Tlin. Il campanello annuncia l’ingresso in libreria di un avventore.

Libraio: “Buongiorno signore, ha bisogno di aiuto?”

Avventore: “No grazie, do solo un’occhiata”

Lo osservo intraprendere la circumnavigazione del tavolo, ma so già che tornerà da me… certe cose ormai le sento nelle ossa.
L’avventore, dopo pochi attimi di spaesata incertezza, decide di ricorrere al mio sostegno.

A: “Effettivamente forse faccio prima se chiedo a lei. Ho il treno tra poco, e vorrei un libro piccolo, divertente ma non banale, attuale e ironico, che non costi molto, ma non una roba commerciale, eh… Non mi spiacerebbe se ci fosse anche un pizzico di suspense.  E ovviamente la copertina morbida, perché sa, in treno…”.

Dopo avere valutato con attenzione le numerose richieste del cliente esigente, evitando di tradire i miei pensieri con smorfia infastidita (ma poi “in treno che?”), estraggo dallo scaffale dedicato alle Tranquillo Prof, la richiamo io, l’ultimo libro di Christian Raimo.

L: “Viste tutte le sue richieste, le consiglierei Tranquillo Prof, la richiamo io. Racconta la storia di questo professore un po’ scarso, parecchio invadente, con un malsano senso della privacy, che tormenta i suoi studenti interferendo nella loro vita privata senza porsi mai alcuno scrupolo, fino a diventare un vero accollo.”

A: “Che vuol dire accollo?

L: “ È una zavorra della vita.”

A: “E perché si comporta così?”

L: “Beh Raimo, l’autore, è un professore e ha probabilmente attinto alla sua esperienza diretta per raccontare qualcosa di prossimo al reale. L’intento era di voler riportare in maniera divertente il declino della superiorità adulta nel mondo digitale”.

A: “Come quella polemica sugli imbecilli e i social media suscitata da Umberto Eco?”

L: “Proprio così! Vede che lei è già addentro al contesto… La vicenda si dipana lungo il percorso di un anno scolastico, durante il quale tre diverse classi si confronteranno con l’emorragia di contenuti derivante dall’incompetenza dell’insegnante di storia e filosofia. Un impostore ignorante, ritardatario e sordo a ogni “basta” che, in un delirante miraggio empatico, utilizza ogni medium per invadere la vita dei suoi studenti, convinto di dover essere più uno sherpa che un professore”

A: “Lei parla strano. Che cos’è uno sherpa?

L: “È una guida nepalese, serve a non perdersi sull’Himalaya. In nome di questo senso del dovere lui si autonomina Radar, perché convinto di saper captare le emozioni dei suoi ragazzi. Effettivamente non ci prende mai. È davvero un caso umano.”

A: “E come ha fatto un matto come questo a diventare insegnante?”

L: “Questo nel libro non viene svelato, ma di sicuro il prof è uno testardo e molto determinato, magari da giovane aveva altre motivazioni… comunque questo non c’entra col libro. È invece importante sottolineare come il protagonista sia appunto emblematico di questo mondo dominato dalla semplificazione, nel quale si rinuncia ad analizzare testi complessi o ad effettuare analisi e interpretazioni, per seguire pedissequamente percorsi prestabiliti, andando così a minare l’effettiva qualità del metodo scolastico italiano.”

A: “In pratica è un saggio sulla scuola attuale”

L: “Sarebbe come dire che Don Chisciotte è un trattato sulla pazzia umana ma… in un certo senso…”

A: “Effettivamente mi sembra divertente. Ma la suspense?”

L: “Riuscirà Radar a mantenere il suo posto di lavoro fino alla fine dell’anno accademico, e a non farsi soffiare la cattedra da…”

A: “Beh ora però non me lo racconti tutto…. Vabbè mi ha convinto, lo prendo”

L: (a bassa voce) “Bontà tua…”

A: “Come ha detto?”

L: “Buona lettura!”