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Jet russo abbattuto, passo avanti di Erdogan: “Vorrei che non fosse successo”. Ma Putin lo gela con sanzioni economiche

Prove di distensione dopo la crisi causata dall'azione turca contro il velivolo di Mosca. Ma il capo del Cremlino firma una serie di limitazioni che colpiscono il turismo e gli scambi tra i due Paesi

“Vorrei che non fosse successo”. Non sono bastate le parole pronunciate da Recep Tayyip Erdogan per sciogliere il gelo fra Russia e Turchia, dopo l’abbattimento del jet di Mosca da parte dell’aviazione di Ankara. Vladimir Putin ha infatti firmato un decreto per introdurre rigide sanzioni economiche contro la Turchia. Il capo di Stato turco si è detto rammaricato per l’episodio augurandosi che “fatti del genere non accadano più”. Poi, in diretta satellitare su al Jazeera, il ramoscello d’ulivo al capo del Cremlino: “Parliamo dell’incidente e proviamo a ricucire le relazioni fra i due stati quando ci incontreremo a Parigi in occasione della Conferenza sui cambiamenti climatici”. La risposta di Putin è arrivata qualche ora dopo. E non poteva essere più netta: vietata l’importazione in Russia di alcuni tipi di prodotti turchi oltre che all’introduzione di divieti e limitazioni alle attività delle organizzazioni turche.

Inoltre dal primo gennaio i datori di lavoro russi non potranno inoltre assumere cittadini turchi. Ma le sanzioni colpiscono anche il settore turistico turco: nel decreto firmato si ordina ad agenzie e operatori turistici di “astenersi” dal vendere pacchetti di viaggi che hanno come destinazione la Turchia. Vengono sospesi anche i voli charter tra i due Paesi. Inoltre viene ripristinato il regime dei visti tra i due paesi a partire dal primo gennaio: una misura adottata dopo aver raccomandato ai cittadini russi di non visitare la Turchia e a quelli che si trovano là di rimpatriare a causa della “minaccia terroristica”. Putin ha inoltre ordinato di rafforzare “per motivi di sicurezza” i controlli nei porti e sulle attività degli autotrasportatori turchi. Le sanzioni hanno una durata “provvisoria” ma indeterminata: entrano in vigore con la pubblicazione del decreto e restano valide finché non saranno cancellate dal governo russo.

Le parole di Erdogan sono arrivate subito dopo quelle del suo portavoce Ibrahim Kalin che ha pubblicato un editoriale sul quotidiano turco Sabah. “L’abbattimento del caccia russo per una violazione dello spazio aereo turco è un’altra vittima del conflitto siriano – si legge nell’articolo – L’incidente ha creato agitazione nelle relazioni tra Turchia e Russia, ma non le farà deragliare. Si tratta di rapporti abbastanza profondi e con sufficiente capitale politico-economico per superare”. Secondo il politico, lo scontro a fuoco non è stata un’azione ostile diretta contro Mosca perché “la nazionalità del jet è stata accertata solo dopo che era precipitato”. E poi la rassicurazione che vale più di tutte le altre parole spese sull’incidente diplomatico: “Nonostante le molte differenze sul conflitto siriano, la Turchia non ha mai colpito interessi russi e non intende farlo”.

Dal canto suo il Cremlino mostra muscoli e continua a sostenere che la sua aviazione non abbia violato lo spazio aereo altrui. Come sostiene il portavoce di Putin Dmitri Peskov, “le mappe turche che mostrano la presunta rotta del jet militare russo non sono altro che animazione. Abbiamo visto una traccia elettronica che mostra la rotta dell’aereo che prova come non ci sia stata nessuna incursione nello spazio aereo turco, né voluta né accidentale”.

Poi la provocazione: “La Turchia è imprevedibile. Chiediamo a quei paesi che hanno un’influenza su Ankara di cercare di garantire una prevedibilità delle sue azioni”. Un messaggio neanche tanto velato al principale alleato dei turchi nello scacchiere mediorientale, l’America che il presidente Barack Obama ha fin da subito schierato con Erdogan. Infine la citazione colta che riassume bene la vicenda di una coalizione che, invece di colpire unita contro il nemico comune, Daesh, cerca di approfittare del caos siriano per perorare i propri interesse nell’area: “Un teatro dell’assurdo”.