Società

Italiani in Svizzera: l’Alfista che amava i libri

La velocità la sua passione, ma soprattutto l’Alfa sintesi della parola Italia, ripiena di olio, benzina con ottimo acciaio di contorno imbottita di tessuti e plastica con qualche inserto di radica ed una linea estetica ed un rombo che provocava sempre l’attenzione dei pedoni. Per Franco, metalmeccanico in Svizzera, la graduatoria delle cose importanti della sua vita era particolare: dopo tutte le cose ovvie che campeggiano in cima – madre, moglie, figli – c’era la Sicilia, l’Italia e l’Alfa Romeo… a seguire la cassata, i cannoli, gli spaghetti con le sarde o con i ricci e via dicendo.

Franco, nato circa cinquant’anni orsono, ad Isole delle Femmine, ogni volta che parlava del suo paese lo indicava con: “la sutta”, una locuzione dalla lingua “migrantes” un misto di esperanto, spagnolo, dialetto siciliano infarcito di continui miii…!!! che alludevano a cosa chiara… almeno per gli italiani. Biondo, baffetti sottili, curato nel vestire rigorosamente made in Italy, aveva lasciato un terzo dell’indice di una mano in un tornio e progettava una mini protesi in acciaio. Poi non l’ha più realizzata, perché durante il lavoro, le mani, per lui sembravano avere pezzi superflui in esubero. Lavorava sodo ed era il migliore in fabbrica, parlava poco, ma con il volto e piccoli spostamenti del capo riusciva ad essere eloquente. Il suo tedesco da fabbrica era ineccepibile ed agli ingegneri che misuravano i suoi tempi sul tornio, non restava altro che constatare che Franco era il più veloce di tutti ed il più preciso… cosa che in Svizzera equivale ad un “tip top”… cioè il massimo!

Con i siciliani in Svizzera Franco organizzava molte cose e tra le più belle si ricorda la Fiera del libro in una missione cattolica di Scalabriniani. Fu un evento eccezionale soprattutto perché Franco collocò al centro di un salone, una istallazione artistica di una scultrice svizzera che andava a prendere la materia prima nella sua fabbrica. Franco spesso la aiutava con tornio e saldatrice a far rivivere quel ferro e quell’acciaio usato. Un enorme angelo di ferro con ali e quel tanto di surrealismo che riesce a far diventare leggera una opera pesante almeno tre quintali. Quando l’angelo di Franco entrò in sala trainato da corde e tiranti sapientemente manovrati da lui stesso e dai suoi amici, ci sembrò di essere parti di un film di Fellini, con lo stupore di chi osserva il divino emergere dagli scarti di produzione. Indimenticabile! Ci sembrò che anche “u Parrino”, stesse per inginocchiarsi facendosi segno di croce di fronte a quell’armonia. Libri che circondavano la rinascita della statua, per rinascere nelle parole degli autori che si alternarono ad incontrare i partecipanti accorsi da tutta la Svizzera per la prima fiera del libro italiana realizzata a nord delle Alpi, dal metalmeccanico Franco C. che allora era, in quanto genitore, presidente del consiglio di istituto di una scuola italiana all’estero. Intervenne come autore, tra i tanti, anche un famoso sociologo e politico italiano che tutti gli italiani all’estero adoravano.

Franco C. si offrì di fargli da autista con la sua Alfa 164 accompagnandolo dalla fiera nelle Città di Zurigo, Berna, Basilea e Ginevra, in un vero e proprio tour tra le comunità italiane in Svizzera. Su un suo libro l’autore lascia la dedica a Franco: “Al miglior pilota che si sia mai visto”. Infatti, aveva girato l’intera Svizzera in due giorni non mancando mai ad un evento e soprattutto senza mai arrivare in ritardo. Sembrò allora di percepire che Franco più che un italo svizzero fosse diventato un giapponese. Un samurai, con precisione, puntualità e dedizione alle cose ed agli altri. Durante la fiera del libro, di notte con la moglie preparò centinaia di cannoli friggendoli con lo stampo in canna di bambù che si era portato dal paese. Tutto doveva funzionare e tutto funzionò. Sì, nella testa di Franco, ancor oggi metalmeccanico a Paglieta, in Abruzzo, vi è sempre stato quel valore,  elvetico/nipponico che tutto ha il suo tempo, la sua coerenza ritmica, come nell’interno del motore dell’Alfa, o della sua Kawasaki con la quale oggi Franco C. scorrazza tra gli Appennini.