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Attentati Parigi: ‘Anche tra i morti, come tra i vivi, facciamo differenze’. Proprio no

State, e stiamo, facendo un gran casino. E lo vedo, lo vedono in tanti. Perché massacri come quello di Parigi ci spogliano, ci rivelano. Ci fanno esporre. Perché ci ragioniamo, troppo poco tra noi, faccia a faccia, e molto sul web. Talvolta scriviamo troppo, magari proprio come faccio io adesso mettendomi a nudo. Eppure qui esiste un blog anche per questo: dire come la pensi. In totale libertà. Questo è il mio spazio e stavolta me lo prendo. Fino all’ultima virgola.

Gli esperti di terrorismo internazionale che fino a ieri erano giornalisti sportivi, baristi, tecnici di computer, politici trombati e con la voglia di essere riciclati, massaie represse, e via e via, mi hanno rotto. Mi hanno rotto, per la precisione, quella cosa che io (essendo donna) non ho tra le gambe. Leggo con timore e sorpresa che una manciata di giorni fa, a Beirut, l’Isis ammazzato 50 musulmani sciiti e ne ha feriti 200. E io, vergognandomi per quel che sto per scrivere, voglio ammetterlo: sapete cosa stavo facendo in quel momento? Stavo cercando una lavatrice. Ebbene sì. Vivevo, cercavo di risolvere i miei problemi, per poi aggiustare la mia piccola vita, tornare a casa a misurare la glicemia a mio padre, occuparmi dei miei tre lavori da precaria cronica. E non mi informavo. E non ho pianto. Non ho sofferto. Non ho scritto come faccio adesso. Per questo ora mi sento incasinata e come tanti di voi, i più onesti di voi, almeno così credo, ammetto di fare semplicemente un gran casino.

Leggo riflessioni di chi oggi prova orrore e sembra così segnato e stravolto dal dolore da non riuscire neppure a scrivere frasi di senso compiuto. Eh no! Sono le stesse persone, magari, che ieri con un clic riuscivano a ignorare la realtà nuda e cruda, quando le centinaia di vite stroncate erano di disperati annegati al largo di Lampedusa. Mettiamo le cose in ordine. Non lasciamoci travolgere senza pensare che per fortuna i fatti non sono dogmi, né lo è la gestione dell’emotività. La verità – e parlo della mia, per quella universale ultimamente sono in troppi a contendersi il copyright, vedi Allah, Dio, varie ed eventuali – è quella che scrive Alessio. Chi è Alessio? Solo un mio “amico pensante”. Ma basta e avanza, di questi tempi. Ecco cosa scrive: “Anche tra i morti, come tra i vivi, facciamo differenze”. Queste parole mi hanno gelata. E’ vero. E ho pensato: ero a cercare una lavatrice, ho fatto una cena veloce, zapping alla tv, ho cercato riposo e basta. Nessun pensiero. Non ho ricordato: differenze ne ho fatte anche io. E ora che non ho più nessuna lavatrice da cercare però mi fermo. Prendo tempo. E scrivo. Perché non parlare di barbarie e sdegno davanti agli sciiti massacrati, ai libanesi uccisi? Non sono degni di essere pianti? Non colpiscono abbastanza al cuore? E chissenefrega dei curdi eh?

Io mi vergogno. Per non avere avuto i tempi giusti, e le parole nei momenti giusti. Per non aver avuto gli strumenti giusti, forse, né la volontà di lasciare i casini di una vita piccola piccola da una parte. E neppure la capacità di avere uno sguardo più grande. Voi, invece? Ve lo chiedo perché sono umana, come ognuno di voi. Con lavatrici da fare e vite piccole piccole da mandare avanti. Ma oggi, con questo turbinio di emozioni, sto pensando a tutti, proprio a tutti. Perché non sopporto questa frase: “Anche tra i morti, come tra i vivi, facciamo differenze”. Proprio no.