Politica

Renzi, forse su di lui ha ragione Ceccherini

Più che un politico, che nel suo caso è forse una parola grossa, Matteo Renzi è un Giano bifronte: dice una cosa e, puntualmente, ne fa un’altra. Gli ultimi esempi li elenca stamani Il Fatto Quotidiano, con articoli rispettivamente di Carlo Di Foggia, Marco Palombi e Alessandro Robecchi. Primo esempio: Renzi dice di voler combattere nero ed evasione, ma caccerà la responsabile dell’Agenzia delle Entrate Rossella Orlandi perché si è opposta – lei e tutta la “scuola” di Vincenzo Visco – all’aumento del tetto sul contante, all’ennesimo condono e alla vecchia norma “salva-Silvio” (poi accantonata). Secondo esempio: Renzi dice di avere tolto 25 miliardi di tasse con la nuova Legge di Stabilità, ma gli sgravi fiscali effettivi sono solo 1,3 miliardi. Tutto il resto o è virtuale, o è un ulteriore regalo a imprese e redditi più alti (cioè a Confindustria). Ci sono poi i tagli alla Sanità (2,3 miliardi), l’ennesimo insulto agli esodati (23mila resteranno ancora fuori) e l’elemosina agli statali con contratto bloccato dal 2009 (un aumento netto mensile di 4 euro). Terzo esempio: Renzi va a visitare l’Osservatorio di Paranal in Cile, seguito dalla solita propaganda, che lo ritrae vestito come un insaccato triste mentre mira le stelle con quel suo sguardo – ops – da triglia vagamente estasiata. Colpito da un tale spettacolo tecnologico-visivo, Renzi esterna su Facebook le sue emozioni, utilizzando il lessico canonico da fan dei Ringheira pre-bimbominkia (“I telescopi migliori del mondo che si immergono nell’abisso dell’universo”). Poi sbrodola con la puntuale retorica di “quanto sia grande il nostro Paese”. Che è anche vero, l’Italia è grande eccome, ma se lo dice Renzi un po’ di dubbi ti vengono.

Il Presidente del Consiglio, giustamente, rimane colpito dagli straordinari telescopi dell’Eso (European Southern Observatory). L’Eso ha un bilancio di 130-140 milioni e l’Italia, membra dal 1982, “ne sgancia più o meno quindici all’anno” (racconta Robecchi sul Fatto). Ora: a questo punto ti immagineresti che Renzi, colpito da cotanta bellezza, aumentasse o quantomeno mantenesse la stessa cifra per finanziare l’Eso. E invece lui che fa? Sempre nella nuova Legge di Stabiltà, articolo 33 comma 18 (allegato 4), si scopre che Renzi taglierà all’Eso tre milioni: uno nel 2016, uno nel 2017, uno nel 2018. La solita storia: in pubblico dice una cosa, ovviamente a favore di telecamera, e poi “di nascosto” (nel senso che l’informazione lo racconta di rado) opera esattamente nella maniera opposta. Un po’ come quando si gettò un secchio di acqua gelata per l’Ice Bucket Challenge, uccidendo peraltro miliardi di ormoni femminili con quel completino aderente azzurro shocking. L’obiettivo, nobilissimo, era quello di combattere la Sla. Poi però tagliò i finanziamenti alla ricerca (per fortuna ci ha ripensato).

Siamo di fronte all’ennesimo caso di politico bifronte, ma con Renzi c’è di più: una sorta di surplus caricaturale e dunque tragicomico. Ho sempre pensato a Renzi, e l’ho scritto spesso, come a un personaggio minore di un bar toscano qualsiasi. Uno di quelli che, quando entra al bar, straparla di tutto e millanta chissà quali imprese, ricevendo – ovviamente – per tutta risposta le prese in giro degli avventori. Il “bombarolo” del paese, e infatti a Rignano lo chiamavano “il bomba”. Ogni volta che lo guardo, mi domando come abbia fatto l’Italia a credere anche a questo qua. Magari sbaglierò io, e un giorno i libri di storia parleranno di Renzi come di Churchill e Adenauer (certo), ma mi viene sempre in mente un mix tra il giudice di De André, che cerca rivalse livide per far media con le frustrazioni del passato, e un Jerry Calà debole.

Insisto su questo punto, apparentemente marginale, perché lunedì sul Fatto c’era una esilarante intervista di Alessandro Ferrucci a Massimo Ceccherini. A un certo punto Ceccherini parlava di Renzi. E ne parlava in una maniera forse rivelatoria. Lo riporto fedelmente: “Bar di Firenze, anni Ottanta. Con gli amici ci trovavamo sempre lì, ci passavamo i pomeriggi. Chi eravamo? Beh, io, Leonardo Pieraccioni, Carlo Conti e Giorgio Panariello. Quante ne abbiamo combinate, a tutti. Anche a Renzi. Da bambino ha subìto uno dei primi casi di bullismo: quando passava dalle nostre parti, poteva accadere qualunque cosa. Dai gavettoni a crescere: io ero specializzato nel grattargli la testa con le nocche. Urla di dolore. Una volta è andata anche peggio: gli abbiamo tirato giù i pantaloni e lo abbiamo frustato sul culo con l’ortica. Però devo ammettere una cosa: non se la prendeva, e noi a insistere”.

Diciamo la verità, ragazzi, e diciamolo con l’ironia greve tipica dei toscani: forse abbiamo (hanno) dato l’Italia in mano a un “bischero”. Forse, oggi, il sedere è nostro. L’ortica la tiene in mano lui. Tanti, tra gli italiani, non se la prendono. E lui a insistere.