Economia

Legge Stabilità, il ddl è arrivato “a pezzi” al Quirinale e approda alle Camere in vistoso ritardo

Al Parlamento sottratte due settimane per esame e modifiche. Regioni in bilico: sparita la norma per rinviare iul pareggio di bilancio al 2017. Si spera in un decreto

Venerdì, ore 18. Scene da una manovra. L’ottavo sole sta per tramontare dacché il Consiglio dei ministri ha approvato i fantasmi dei ddl Stabilità e Bilancio. Siamo al Quirinale. Uomo 1: “Non lo so”. Uomo 2: “Come non lo sai? È completa o no?”. Uomo 1: “Non lo so. La stiamo rimettendo insieme. Ci è arrivata a pezzi”. Uomo 2: “A pezzi?”. Uomo 1: “Sì, prima una parte, poi l’altra, poi un’altra ancora man mano che le finivano”. Uomo 2: “Roba da matti”.

La manovra economica e le relative tabelle le hanno preparate così, come in una macelleria. Dicono che Sergio Mattarella, tornato da Bari per lavorare col suo staff all’istruttoria preliminare, fosse abbastanza di cattivo umore. E dire che aveva chiesto a Matteo Renzi di darsi una mossa pure nell’incontro che i due avevano avuto lunedì pomeriggio. Niente da fare. Persino Pier Carlo Padoan si è messo a fare ammuina come il premier: “Entro stasera sarà al Colle“, prometteva giovedì mattina. Niente. Venerdì la consegna tipo macelleria: un pezzo di articolato, un po’ di tabelle, lacerti di relazione tecnica. E il Colle costretto a giocare ai puzzle per vedere se c’erano tutti i pezzi. Il testo completo arriverà in Parlamento, pare lunedì pomeriggio al più presto: sarà il 26 ottobre, è un record.

“Roba da matti”, certo, ma pure leggermente irregolare. Ricapitoliamo. Dice la legge che i ddl Stabilità e Bilancio vanno consegnati alle Camere “entro il 15 ottobre”. Invece il 15 ottobre sono stati approvati in Consiglio dei ministri per poi sparire: in questi otto giorni, come dimostrano le bozze con tanto di data e ora circolate in questi giorni, la manovra è stata scritta e riscritta. Un esempio: dalla Stabilità sarebbe scomparso qualunque accenno allo slittamento del pareggio di bilancio delle Regioni dal 2015 al 2017, quello concesso per i Comuni. Roba pesante: senza quella norma interpretativa parecchi governatori faranno fatica a chiudere i bilanci e ora sperano nel solito decreto Omnibus.

Questo – ma si potrebbero citare moltissimi casi, a partire dall’entità della spending review – toglie qualunque legittimità al voto del Consiglio dei ministri, che pure è obbligatorio e rappresenta – per legge – l’unica fonte di legittimità dell’azione del governo: cosa c’è scritto sul verbale del Cdm del 15 ottobre? C’è poi il tema, sollevato ieri da Renato Brunetta, del rapporto con l’Ue. Anche a Bruxelles la manovra va mandata entro il 15 ottobre: che testo gli hanno inviato? Infine viene il Parlamento, depositario del potere legislativo. Le Camere devono esaminare, modificare e approvare manovra e bilancio entro fine anno: due mesi e mezzo a cui il governo ha sottratto due settimane senza che una voce si sia levata per difendere il ruolo delle assemblee elettive. E se è vero, come si dice in ambienti del Tesoro, che ci saranno problemi con le coperture, si farà in tempo a intervenire?

Da Il Fatto Quotidiano del 24 ottobre 2015