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Venezuela: nessuno parla delle vittime della destra

Leopoldo Lopez courtHo avuto occasione di incontrare, qualche giorno fa, i rappresentanti del Comitato delle vittime delle guarimbas venezuelane, che si trovano in Italia dove stanno vedendo vari rappresentanti delle forze politiche, innanzitutto Movimento Cinque Stelle, ma anche esponenti del Pd (deputato Fabio Porta, senatore Claudio Micheloni), di Scelta Civica( Claudio Zin) Gruppo misto (senatore Luis Alberto Orellana) e rilasciando interviste a giornali e televisioni.

Scopo di questa missione è informare l’opinione pubblica sulla vera natura e le reali cause dei disordini che si sono avuti in Venezuela causando 43 vittime. “Guarimba“, letteralmente “nascondino” è il nome dato alla peculiare forma di guerriglia urbana cui la destra si è dedicata per tutto un periodo, con lo scopo dichiarato di ottenere l’estromissione dal governo del presidente legittimamente eletto Nicolas Maduro. Tale strategia è fallita, dato che Maduro è ancora al suo posto, ma ha purtroppo determinato la morte di 43 persone. In precedenza si erano avute altre nove vittime e decine di feriti, nel momento in cui le manifestazioni di giubilo per la vittoria di Maduro il 13 aprile 2013 venivano attaccate da oppositori armati.

Le 43 vittime risalgono invece al periodo, tra febbraio e giugno del 2014, in cui parte dell’opposizione sconfitta alle elezioni aveva deciso come accennato di passare a una strategia di tipo insurrezionale. L’invito a scendere in piazza per ottenere in modo violento la cacciata del governo chavista veniva formulato da dirigenti della destra quali Leopoldo Lopez, Maria Corina Machado e Antonio Ledezma. Per questi fatti la magistratura venezuelana ha recentemente condannato a quattordici anni di carcere Leopoldo Lopez.

Delle 43 vittime censite, alcune sono state uccise da franchi tiratori non identificati, altre da agenti della forza pubblica, altre ancora sono perite per incidenti o scoppio di bombe nel momento in cui tentavano di rimuovere le barricate installate dall’opposizione. Secondo il Comitato delle vittime della guarimba la maggioranza delle vittime è responsabilità diretta dei manifestanti violenti, fra di esse si trovano ben nove funzionari dei corpi armati dello Stato. Si sono altresì registrati assalti armati ad asili infantili e centri di salute. In alcuni casi le vittime sono manifestanti. Alcuni agenti della forza pubblica sono sotto processo per uso illegittimo delle armi in relazione a tali episodi.

Ho incontrato in particolare la vedova di Ramzor Bracho Bravo, trentaseienne capitano della Guardia Nazionale, ucciso a pistolettate nella città di Naguanagua, mentre stava soccorrendo un commilitone ferito. Mi ha molto colpito il fatto che la signora, che è tenente della Guardia Nazionale, mi abbia detto che è giusto che gli agenti della forza pubblica che hanno fatto ricorso in modo non legittimo alle armi siano processati e che, quando ha incontrato la moglie di Lopez al Parlamento europeo, le ha gridato: “Mio marito è stato ucciso, mentre il tuo è ancora vivo”. Ho incontrato anche German Oscar Carrero, autista quaranteseienne che ha perso un braccio per una bomba che gli è stata scagliata addosso dai manifestanti mentre trasportava dei medicinali. Altri casi riferiti nell’opuscolo del Comitato sono quelli di Elvis Duran De la Rosa, decapitato da un filo di ferro mentre attraversava in motocicletta una barricata, Rosiris Reyes Rangel, uccisa mentre difendeva un Centro di salute da un assalto, Giovanni José Pantoja, sergente della Guardia nazionale boliviariana, ucciso a colpi di arma da fuoco mentre rimuoveva una barricata, Julio Gonzalez Pinto, pubblico ministero incaricato delle indagini sugli scontri, morto in un incidente stradale dovuto a una barricata, Hender Bastardo Agreda, ucciso mentre festeggiava la vittoria di Maduro, Henry Rangel La Rosa, morto in circostanze analoghe.

E’ molto importante che il Comitato delle vittime della guarimba possa comunicare con organi di informazione e forze politiche, al fine di ottenere un quadro più obiettivo e completo delle gravi violenze che si sono compiute in Venezuela nei periodi riferiti e che non debbono più ripetersi. Infatti  in Italia e in altri Paesi europei tende a essere diffusa un’immagine totalmente falsa e mistificatoria che vede da un lato un governo repressivo e dall’altro un movimento vittima di repressione, immagine per accreditare la quale parte della stampa e dei media sono addirittura ricorsi alla pubblicazione di fotografie desunte da contesti geografici totalmente diversi. La realtà è molto più complessa ed articolata. Il ricorso alla violenza, per cui è stato condannato Leopoldo Lopez, è stato fortemente voluto dai settori apertamente fascisti della destra sconfitta ed attuato con l’intervento di settori organizzati, in particolari esponenti del paramilitarismo colombiano, specie nelle regioni di frontiera tra Venezuela e Colombia, ma anche in altre parti del Paese.

Il Comitato delle vittime della guarimba esige che sia fatta piena luce sui gravi episodi di violenza e sulle circostanze che hanno portato alla morte di oltre cinquanta cittadini venezolani, anche con l’obiettivo di evitare, per il futuro, che ci siano ancora vittime, e di scongiurare la guerra civile. Tale devastante ipotesi è nell’interesse solamente di una classe dominante spodestata ma pronta a tutto pur di tornare al potere ed è evidentemente contraria all’interesse della grandissima maggioranza dei cittadini venezuelani, favorevoli o meno al governo attuale.

Sarebbe opportuno lo capisse anche Amnesty International, cui recentemente è stata spedita una lettera aperta che critica la sua decisione di schierarsi a fianco di Lopez, definito a torto un prigioniero di coscienza. Sconfortante, a tale riguardo, il fatto che la sede romana di tale associazione abbia deciso di non incontrare il Comitato delle vittime della guarimba adducendo incredibilmente il fatto che l’agenda del suo Direttore fosse già piena. Elementi di forte riflessione per un’Associazione che ha fatto indubbiamente molto per i diritti umani ma che rischia oggi di perdere la sua credibilità e la sua autorevolezza, in relazione a tali episodi e altri, come le ingiustificate critiche nei confronti delle milizie curde del Rojava.