Politica

Napolitano: “Berlusconi? Non lo querelo per pietà: ha ossessioni patologiche”

L'ex presidente del Consiglio in un'assemblea dei senatori di Forza Italia aveva detto: "L'ex presidente? Non dovrebbe nemmeno parlare dopo il golpe del 2011". E il senatore a vita scrive una lettera che affida a Romani: "Dovrei querelarlo, se non volessi evitare di affidare ai magistrati giudizi storico-politici"

Non lo querelo solo perché mi fa pietà una persona che soffre di ossessioni patologiche“. A scrivere è stato l’ex presidente della Repubblica. L’oggetto del giudizio è un ex presidente del    Consiglio. Il ring è l’Aula di Palazzo Madama, nella quale uno è senatore a vita come presidente emerito e l’altro non può più entrare perché dichiarato decaduto e “espulso”. Nel giorno che ha visto la seconda approvazione al Senato della riforma istituzionale, Giorgio Napolitano non è stato protagonista solo durante il dibattito finale, tra una chiacchierata con Denis Verdini, un appello per modificare la legge elettorale già approvata da mesi e un lungo applauso dei senatori del Pd. Ma evidentemente ha preso anche la scena dietro al sipario, ingaggiando un duello quasi violento con quello che è stato presidente del Consiglio per tre dei 9 anni in cui è stato capo dello Stato, Silvio Berlusconi. Oggetto del contendere: le dimissioni del leader di Forza Italia da presidente del Consiglio nel novembre 2011.

Un “golpe” secondo i berlusconiani, che da tempo hanno dimenticato come – ricorda peraltro Fabrizio Cicchitto, ora Ncd, allora capogruppo Pdl alla Camera – Berlusconi dopo il presunto colpo di Stato abbia appoggiato in Parlamento la nascita del governo Monti e poi chiesto quasi in ginocchio allo stesso Napolitano di mettersi a disposizione per un secondo mandato da presidente della Repubblica.

Tutto comincia quando escono retroscena delle agenzie di stampa sulla riunione di Berlusconi con i senatori di Forza Italia poco prima del voto sulle riforme. A un certo punto la discussione arriva su come comportarsi quando prenderà la parola Napolitano. C’è chi come Augusto Minzolini ha proposto di uscire dall’Aula: e così è stato. Altri preferivano proteste più plateali e l’unico che ci ha creduto è stato Domenico Scilipoti che, quando Napolitano stava per prendere la parola dal suo banco del gruppo per le Autonomie, si è presentato con un foglio con scritto “2011”. E Berlusconi si è infervorato: “Ora basta, Napolitano non dovrebbe proprio parlare, non farei parlare chi ha compiuto un golpe…”.

Napolitano legge il retroscena, prende carta e penna e affida la lettera al capogruppo di Forza Italia al Senato Paolo Romani. “Ho letto dispacci di agenzia dalla vostra assemblea. Ho letto attribuite a Berlusconi parole ignobili, che dovrebbero indurmi a querelarlo, se non volessi evitare di affidare alla magistratura giudizi storico-politici; se non mi trattenesse dal farlo un sentimento di pietà verso una persona vittima ormai delle proprie, patologiche, ossessioni”. E, racconta Repubblica, a Pier Ferdinando Casini, dice: “Lui si ricorda solo il 2011, ma dimentica il 2010 quando diedi 45 giorni al suo governo per affrontare un voto di fiducia”. Quello in cui i Responsabili salvarono il terzo governo Berlusconi da morte certa.